Advertisement

Storia di Dalila la volpe e di Alì il cairino, detto Argentovivo


Si racconta, o re felice, che al tempo del califfo Harùn ar-Rashìd vivevano in Bagdad un uomo chiamato Ahmed ed-Danif e un altro chiamato Hasan Shumàn, entrambi famosi per la loro abilità nel compiere imbrogli e ladrocini. Le loro gesta in questo campo erano addirittura prodigiose, ed è per questo che il califfo, il quale sapeva mettere a frutto il talento di ogni uomo, un giorno li convocò alla sua presenza e li nominò capi della polizia, dando loro le vesti e le insegne del grado, mille dinàr al mese di stipendio e quaranta uomini. Così Ahmed ed-Danif ebbe l'incarico di sorvegliare la parte destra della città di Bagdad e Hasan Shumàn ebbe l'incarico di sorvegliare la parte sinistra.
In quello stesso tempo viveva nella città di Bagdad una vecchia chiamata Dalila la Volpe, la quale aveva una figlia conosciuta con il nome di Zainab la Furba. Quando sentirono ciò che era capitato ad Ahmed ed-Danif e a Hasan Shumàn, Zainab la Furba disse alla madre: " Guarda un po', mamma, che cosa si deve vedere! Questo farabutto di Ahmed ed-Danif, che è dovuto scappare dal Cairo, è venuto a Bagdad e ha combinato tante di quelle bricconate che è divenuto famoso e il califfo lo ha nominato capo della polizia della parte destra della città, mentre il suo degno compare, quel rognoso di Hasan Shumàn, è diventato capo della polizia della parte sinistra! E ora tutti e due se la spassano giorno e notte al palazzo del califfo, intascano mille dinàr al mese di stipendio e sono rispettati e temuti da tutti quanti. E noi ce ne stiamo qui con le mani in mano, non abbiamo una posizione e nessuno ci rispetta! "
Ora bisogna sapere che il marito di Dalila era stato in passato un personaggio importante presso il califfo, in quanto allevava e custodiva i piccioni viaggiatori che portavano in ogni parte i messaggi del califfo e pertanto erano più preziosi, agli occhi di costui, di uno dei propri figli. Perciò il califfo aveva molto caro il custode dei suoi piccioni e gli dava ogni mese un appannaggio di mille dinà e gli aveva concesso vesti d'onore e numerose prerogative. Però questo custode dei piccioni era ormai morto e dimenticato, e così Dalila era rimasta senza alcun appoggio e aveva dovuto ingegnarsi da sé, diventando cosi esperta nell'arte di tessere imbrogli e intrighi, così furba e scaltra che avrebbe saputo ingannare anche un serpente; il diavolo, poi avrebbe avuto parecchio da imparare da lei.
Orbene, Zainab disse alla madre: " Suvvia, mamma, muoviti, inventa qualche espediente o qualche imbroglio che ci renda famose nella città di Bagdad, si che il nostro nome giunga fino alle orecchie del califfo e noi si possa tornare ad essere rispettate e avere appannaggi ed onori! " " Sulla tua vita, figlia mia, " disse allora Dalila la Volpe, " ti prometto che saprò fare a Bagdad cose tali da oscurare la fama anche di due pendagli da forca come Ahmed ed-Danif e Hasan Shumàn. "
Ciò detto, si coprì il viso con il velo, indossò una veste da asceta con le maniche enormi che scendevano fino a terra, si strinse la vita con una cinta di lana, prese un orcio, lo riempì d'acqua, vi mise sull'imboccatura tre dinàr e lo chiuse con un tappo di fibre di palma; poi si avvolse intorno alle spalle e al petto un rosario dai grani pesanti come ceppi di legna da ardere e, infine, tenendo in mano uno stendardo simile a quello degli asceti mendicanti, fatto con stracci gialli, rossi e verdi, usci i casa gridando: " Allàh! Allàh! " Ma se le sue labbra esaltavano il nome del Signore, la sua mente correva lungo le piste del male alla ricerca di imbrogli e perversità.
Andò così girando di quartiere in quartiere e di strada in strada, fino a che giunse in un vicolo cieco, pavimentato di marino ben scopato e innaffiato, in fondo al quale c'era una porta ornata d'alabastro, sulla cui soglia sedeva un portiere magrebino.'
Quella casa apparteneva al capo delle guardie del califfo, un uomo importante e ricco, il quale godeva di lauti appannaggi e possedeva molti beni mobili e immobili. Quest'uomo era però di carattere assai violento e aveva l'abitudine, prima, di colpire e poi di parlare; per questo veniva chiamato Hasan il Flagello delle Strade. Egli era sposato con una bellissima giovinetta, la quale la prima notte di nozze gli aveva fatto giurare di non prendere mai una seconda moglie finché essa sarebbe stata viva e di non dormire mai fuori di casa.
Le cose erano a questo punto quando un giorno l'emiro Hasan Flagello delle Strade, essendosi recato al Divano, vide gli altri emiri tutti accompagnati da uno o più figli. Proprio quella mattina, mentre si trovava dal barbiere e si guardava nello specchio aveva notato diversi peli bianchi nella barba e si era detto: " Perché Colui che si è preso tuo padre non ti darà la consolazione di un figlio? " Con questi tristi pensieri in capo se ne tornò a casa e alla moglie, che gli augurava la buona sera, rispose: " Vattene, e che io non ti veda! Dal giorno in cui ti ho sposata, non ho avuto bene! " " Che significa ciò? " gli chiese la moglie. " La prima notte che giacqui con te, " disse l'emiro, " mi facesti giurare di non prendere mai una seconda moglie ed io ho rispettato il giuramento! Ma ecco che ora io mi reco al Divano e vedo che ogni emiro è accompagnato da uno o più figli e allora mi si affaccia nella mente il pensiero della morte e mi dico che chi non ha avuto figli viene presto dimenticato! Per questo sono adirato con te, perché tu sei sterile e non saprai mai darmi un figlio! "
A queste parole la giovane rispose: " Che il nome di Allàh sia su di me e intorno a me! Se ciò non avviene, non è per colpa mia, ché io pesto nel mortaio droghe ed erbe e radici e ho fatto tutto quanto era possibile. Piuttosto sei tu sterile come un mulo, e il tuo seme non ha consistenza e non è capace di fecondare le donne! "
" Se è così, " rispose il marito, " quando tornerò da un viaggio che devo fare prenderò una seconda moglie e vedremo se Allà non mi darà ascolto! " A questo punto stavano le cose dall'emiro Hasan quando Dalila la Volpe si trovò a passare sotto le finestre della casa e vide la moglie dell'emiro vestita di abiti lussuosissimi e carica di monili e gioielli. Allora la vecchia si disse: " Dalila, è arrivato il momento di inventare qualcuno dei tuoi trucchi. Se tu riuscissi a tirar fuori di casa costei e a spogliarla dei suoi abiti e delle sue gioie, avresti fatto una cosa ammirevole. "
Allora s'inoltrò nel vicolo cominciando ad invocare ad alta voce il nome di Allàh, sicché tutte le donne del vicinato si affacciarono per chiedere la benedizione di quella santa vecchia. Anche la moglie dell'emiro si commosse vedendo quella venerabile asceta e pensò di implorarne la benedizione sulle sue faccende. Chiamò una ancella le disse: " Scendi subito dallo sceicco Abu Alì, il portinaio, baciagli la mano e digli che la sua padrona, la signora Khatùn, gli chiese di lasciare entrare questa santa vecchia affinché possa benedire la nostra casa. " L'ancella scese, fece la commissione come le era stato ordinato e lo sceicco Abu Alì si avvicinò alla vecchia e volle baciarle la mano, ma questa glielo impedì dicendo: " Allontanati, acciocché il contatto delle tue labbra non renda vana la mia abluzione! Che Iddio ti liberi da questo stato di servitù, o sceicco Abu Alì, perché tu sei nelle buone grazie di Allàh e dei suoi santi! " Questa benedizione fece molto piacere al portinaio, il quale avanzava,tre mesi di stipendio e non sapeva come fare per richiederli all'irascibile emiro Hasan. Così disse a Dalila: " Lascia almeno, o santa vecchia, che io beva un goccio d'acqua dal tuo orcio, acciocché la benedizione scenda anche su di me. " Dalila agitò l'orcio facendone saltar via il tappo di fibra, ed ecco che i tre dinàr che aveva infilato nell'imboccatura caddero per terra. A quella vista lo sceicco Abu Alì disse fra sè: " Questa vecchia deve essere proprio di coloro che hanno il potere di fare il bene. L'Altissimo deve averle rivelato che io avevo bisogno di denaro, ed ecco che costei ha fatto piovere dal cielo questi tre dinàr. "
Raccolse le tre monete da terra e le porse alla vecchia dicendo: " Ecco, zia, prendi questi tre dinàr che ti sono caduti dalla brocca. " Ma Dalila la Volpe rispose! " Non sia mai detto! lo non mi curo delle cose di questo basso mondo! Prendili e goditeli tu in acconto di ciò che ti deve il tuo padrone! " Allora lo sceicco Abu Alì levò le braccia al cielo ed esclamò: " Sia lode ad Allàh per il suo aiuto! Ecco un fatto che ha del miracoloso! " Dopo di che il portinaio fece entrare in casa la vecchia affidandola all'ancella. che l'accompagnò nelle stanze della sua padrona. Quando Dalila fu dinanzi alla signora Khatùn, vide che abiti e gioie erano ancora più preziosi di quel che le fosse parso osservandoli da lontano. " Figlia mia, " disse la vecchia, " è stata l'ispirazione divina a mandarmi da te! " Allora Khatùn le fece offrire da mangiare, ma Dalila rispose: " lo non mangio i cibi di questa terra e solo cinque volte all'anno rompo il mio digiuno. Ma poiché, figlia mia, ti vedo afflitta, voglio che tu mi racconti la causa della tua tristezza! " Allora la signora Khatùn, che aveva quel gran peso sul cuore, se ne liberò raccontando ciò che era accaduto fra lei e il marito. Quando ella ebbe finito di raccontare, Dalila si alzò e disse: " Figlia mia, bisogna che io ti conduca dallo sceicco Abu 'I-Hamalàt, il moltiplicatore delle gravidanze. Tu confida lì senza timore le tue pene e fagli un voto. Vedrai che quando tuo marito tornerà dal viaggio si congiungerà con te e tu rimarrai incinta di un bambino o di una bambina. Dovrai però fare voto di consacrare il nascituro, come derviscio, al servizio dello sceicco Abu 'I-Hamalàt! "
Con il cuore pieno di gioia e di speranza, la signora Khatùn indossò allora un abito ancora più lussuoso di quello che aveva, si mise tutte le gioie più belle, poi disse a una serva: " Custodisci la casa mentre io sono assente! " Ciò detto, prese la mano della vecchia Dalila e uscì. Sulla porta incontrarono lo sceicco Abú Alì, il portinaio, il quale chiese: " Dove vai, signora? " " Vado a visitare lo sceicco Abu 'I-Hamalàt, moltiplicatore delle gravidanze, " rispose la signora Khatùn. " Questa santa vecchia, " esclamò il portinaio, " è una vera benedizione di Allàh! Essa può molto in fatto di miracoli e guarigioni; che il frutto dei suoi lunghi digiuni possa spandersi sul tuo capo, o signora! "
Così la giovane e la vecchia uscirono, ma, strada facendo, Dalila la Volpe pensava: " Come faccio a spogliarla delle gioie e dei vestiti,. con tutto questo viavai di gente? " Poi, d'un tratto le venne un'idea e disse alla giovane: " Figlia mia, seguimi a una certa distanza ma senza perdermi di vista, perché io sono una donna molto conosciuta e chiunque ha un peso sul cuore o un voto da fare mi ferma per la strada e si affida a me. Perciò è meglio che tu mi segua a qualche passo di distanza. " Continuarono così a camminare mentre per la strada risuonava il tintinnio degli anelli d'oro alle caviglie della giovane, al quale rispondeva armoniosamente quello delle monetine appese alle trecce false.' Camminando camminando arrivarono nel suk e si trovarono a passare davanti alla bottega di un giovane mercante che si chiamava Sidi Mosen ed era ancora quasi un ragazzo,tanto che la barba cominciava appena a spuntargli sulle guance.
Sidi Mosen, vedendo venire avanti la giovinetta, annunciata dal tintinnio dei suoi monili, cominciò a lanciarle delle occhiate piene di desiderio, sì che Dalila la Volpe non tardò ad accorgersene. Allora tornò indietro si avviò alla signora Khatùn e le disse: " Figlia mia, siediti un momento a riposare accanto a questa bottega mentre io vado a parlare d'una certa faccenda con quel giovane mercante. " Così la signora Yhatùn si sedette davanti alla bottega del bel giovanotto, il quale ebbe tutto l'agio di contemplarla e quando ella gli lanciò un'occhiata mancò poco che diventasse pazzo. Quando lo vide cotto a puntino, la vecchia Dalila gli si avvicinò e gli disse: " Non sei tu Sidi Mosen il mercante? " " Certo! Chi ti ha detto il mio nome? " " Della brava gente che mi ha indirizzato da te. Sappi, figlio mio, che quella ragazza che vedi seduta là di fronte è mia figlia. Suo padre era un ricco mercante che è morto lasciandola in possesso di ricchezze considerevoli. Oggi ella esce di casa per la prima volta. Mi sono decisa a questo perché ho constatato da segni incontrovertibili che ella è diventata pubere e perciò desidero subito offrirla in matrimonio. Una ispirazione divina mi ha condotto da te ed ecco che, se tu la vuoi, io te la dò in moglie.
Se sei povero non preoccuparti di nulla perché io ti darò il suo capitale e tu potrai aprire due botteghe invece di una. "
A queste parole il giovanotto, al colmo dell'esultanza, esclamò: " 0 santa vecchia, avevo chiesto ad Allàh una sposa ed Egli non solo mi manda questa bellissima giovinetta, ma ancora mi concede le tre C che fanno felice ogni uomo: cassa, comodi, culo! Tuttavia, per quanto riguarda la terza C, non avertene a male, vorrei prima di decidermi fare un'ispezione del terreno che dovrò seminare, perché promisi alla mia vecchia madre in punto di morte che non avrei sposato nessuna donna se non dopo averla Vista con i miei occhi! " Allora Dalila la Volpe gli disse: " Se la difficoltà è tutta qui, alzati e seguimi a qualche passo di distanza, e io ti prometto di fartela vedere interamente nuda. Tuttavia, se l'ispezione ti avrà soddisfatto, come sono convinta, stenderemo subito il contratto di nozze; perciò sarà bene che ti porti appresso una borsa di denaro, onde avere di che regalare al cadì e ai testimoni e di che pagare il rinfresco come vuole l'uso. "
Così il giovane prese una borsa contenente mille dinàr, chiuse bottega e si mise a seguire la vecchia e la giovinetta. Intanto, Dalila la Volpe si chiedeva: " E adesso, come farai, o Dalila dalle mille risorse, a spogliare quest'altro pollo? " E mentre camminava, rigirando nella mente questi pensieri, ecco che giunse davanti alla bottega di un tintore, chiamato Hagg Muhammad, il quale era conosciuto in tutto il suk per essere un uomo di bocca buona, che non aveva preferenze per maschi o femmine. Insomma, costui era come il coltello del venditore di colocasia, che quando taglia il tubero buca sia le parti maschili sia quelle femminili, e in effetti gli piaceva allo stesso modo tanto il sapore dolce del fico che quello più agre del melograno. Ora, quando Hagg Muhammad, sentendo il tintinnio degli anelli alle caviglie della signora Khatùn, alzò gli occhi e vide quel bel giovanotto e quella bellissima fanciulla, il cuore gli diede un tuffo in petto. Ma ecco che Dalila gli si era già avvicinata e, dopo averlo salutato, gli diceva: " Sei tu Hagg Muhammad il tintore? " " Sono proprio io! Che cosa vuoi? " E Dalila: " Della gente dabbene mi ha parlato di te! Guarda quella bella giovinetta, che è mia figlia, e quel grazioso giovinetto imberbe, che è mio figlio! Lì ho allevati io stessa e la loro educazione mi è costata fatica e denaro! Ora sappi che la nostra casa, essendo molto vecchia, è stata puntellata e l'architetto mi ha detto: <Faresti meglio ad andare ad abitare altrove, perché qui c'è pericolo che la casa ti caschi sulla testa. Potrai tornare quando avremo finito i lavori! >
Allora mi sono messa in cerca di una casa dove poter prendere alloggio con questi due giovinetti, che mi sono cari più delle pupille degli occhi, e della brava gente mi ha fatto il tuo nome. Perciò ti chiedo se puoi ospitarmi in casa tua con i miei due figli, e ti assicuro che non ti pentirai di avermi fatto questo favore. " Quando udì la richiesta della vecchia, Hagg Muhammad si sentì rimescolare le viscere e pensò: " Per Allàh, questo è come burro fuso sulla focaccia! " Poi disse a Dalila: " Madre mia, è vero che io ho una grande casa, con un salone e un piano superiore, ma tutti questi locali mi servono per ospitarvi gli amici e i contadini che mi portano l'indaco."
" Se non è che questo, figlio mio, " replicò Dalila, " poiché si tratta solo di un mese o due, finché non avranno accomodato la nostra casa, ti giuro che i tuoi ospiti saranno i nostri e, poiché noi siamo gente ammodo, se è necessario dormiremo con loro. " Allora il tintore diede a Dalila tre chiavi, una grande, una piccola e una curva, dicendole: " La chiave grande è, quella di casa, la chiave piccola è del salone e quella curva è della stanza al piano superiore. "
Dalila lo ringraziò, prese le chiavi e uscì seguita dalla fanciulla e dal giovanotto.
Quando fu arrivata nel vicolo dove si trovava la casa del tintore, apri la porta ed introdusse la signora Khatùn dicendole: " Questa è la casa dello sceicco Abu 'I-Hamalàt. Ora tu sali al piano superiore, togliti il velo e aspetta finché non vengo a prenderti. " Poi tornò alla porta, fece cenno al giovane e lo introdusse nel salone dicendogli: " Aspettami qui. Ora vado a spogliare mia figlia e poi te la condurrò tutta nuda acciocché tu possa vederla con i tuoi occhi. " Fatto questo, salì al piano superiore ed entrò nella stanza dove era la fanciulla dicendole: " Figlia mia, temo molto per te! " " Che cosa è successo? " " Purtroppo c'è di sotto un mio figlio deficiente che ho consacrato al servizio dello sceicco. Il povero ragazzo è così scemo che non distingue il giorno dalla notte e va in giro sempre nudo. Inoltre, quando qualche nobile dama viene a visitare lo sceicco, egli, alla vista degli abiti di seta e dei gioielli, perde completamente il senno e si scaglia addosso alla visitatrice lacerandole gli abiti e strappandole gli orecchini dalle orecchie. Sarà meglio quindi che tu deponga qui ogni cosa, in modo che mio figlio non ti faccia alcun male. Io conserverò le tue robe in luogo sicuro e te le restituirò dopo che avrai fatto visita allo sceicco moltiplicatore delle gravidanze. " Così la giovane si tolse, abiti e gioielli e li consegnò alla vecchia, la quale li prese dicendo: " Vado a riporli sotto la stuoia dello sceicco e torno a prenderti. " Dalila usci dalla stanza, ripose il fagotto con gli abiti e i gioielli nel sottoscala ed entrò nel salone dal giovanotto, e appena lo vide cominciò a battersi il petto e ad invocare il nome di Allàh. " Che cosa ti è successo, zia? " chiese il giovane. " Che Allàh maledica gli invidiosi e i vicini pettegoli!" disse Dalila strappandosi i capelli. " Ma insomma, che cosa accade? " disse il giovane. " Sappi, figlio mio, " rispose Dalila, " che alcuni vicini invidiosi hanno avvicinato mia figlia e le hanno detto: <Forse che tua madre si è stancata di mantenerti, che vuole farti sposare un lebbroso? > Così ora la ragazza non vuol sentir, parlare di te perché dice che sei lebbroso. " Allora il giovane si mise a ridere: " Se la,difficoltà è tutta qui, non temere nulla. Io mi spoglierò nudo,così che tua figlia possa vedermi in ogni parte e constatare che sono sano come un pesce. Dopo di ciò vedrai che non ci saranno difficoltà. " " Che tu sia benedetto, figlio mio, " esclamò Dalila, " questa idea mi sembra eccellente. Dammi dunque le tue cose acciocché io te le custodisca in luogo sicuro. " Così il giovane si spogliò dei suoi abiti, in mezzo ai quali nascose la borsa con i mille dinàr e Dalila, preso il tutto, andò a fare un unico fagotto con la roba della fanciulla, dopo di che piano piano uscì dalla casa, chiuse la porta a chiave e se ne andò da un mercante di spezie che conosceva, presso il quale depositò il fagotto. Ciò fatto tornò dal tintore, il quale quando la vide le chiese: " Ebbene, zia col volere di Allàh, hai trovato la casa di tuo gusto? " " La tua casa è una casa benedetta! Ora vado a cercare dei facchini per trasportare le mie masserizie. Ma intanto che io sono occupata in questa faccenda, fammi un piacere, prendi questo denaro, compra del cibo e va' a mangiare con i miei figli. " " E chi mi guarderà la bottega e i vestiti dei clienti nel frattempo? " chiese il tintore. " Lascia la bottega in custodia al tuo garzone! " rispose Dalila. Il tintore, allettato dalla prospettiva di trovarsi solo con i due fanciulli, non se lo fece ripetere due volte e prese il denaro che Dalila gli porgeva. Costei si recò subito dal venditore di spezie, dove ritirò i due fagotti, quindi tornò di nuovo nella bottega del tintore, dove trovò il garzone seduto sulla porta e gli disse: " Il tuo padrone ti manda a dire che tu lo raggiunga subito dal friggitore; mentre starai via, rimarrò io qui a guardare la bottega. " " Ascolto e obbedisco! " disse il ragazzo, e si allontanò di corsa. In quel momento Dalila vide passare nella via un asinaio che era senza lavoro da una settimana e per giunta aveva l'abitudine di masticare hashìsh; lo chiamò e gli disse: " 0 asinaio, tu conosci mio figlio il tintore? "
" Certo che lo conosco, signora, " rispose l'asinaio. E Dalila di rincalzo: " Sappi allora, asinaio benedetto, che il mio povero figliolo è fallito e non ha nemmeno un soldo per pagare i debiti; ma i suoi creditori insistono a dire che non è vero e vogliono che il cadì lo metta in prigione. Io però ho deciso di salvarlo dimostrando che non possiede nulla. Prendi perciò questo dinàr e noleggiami il tuo asino, con il quale riporterò le stoffe e i vestiti ai clienti, e tu, dopo che me ne sarò andata, fammi il favore di rompere le giare delle tinture acciocché quando verrà il cadì a fare il sopralluogo possa constatare che mio figlio non possiede nulla. "
" Certo che ti farò questo servizio, signora! Il maestro tintore tuo figlio è un brav'uomo e io gli sono obbligato! " Allora la vecchia caricò stoffe e vestiti sull'asino e se ne andò a casa sua, dove, appena fu entrata, le venne incontro la figlia Zainab dicendole: " Madre mia, il mio cuore è sempre stato con te! Quali inganni hai combinato? " E Dalila rispose: " Questa prima giornata non è andata male. Ho giocato quattro tiri a quattro persone diverse e qui, su quest'asino, c'è tutta la roba di cui ho spogliato queste quattro persone: un giovane mercante, la moglie di un pezzo grosso, un tintore libidinoso e un asinaio! ".
Allora Zainab esclamò: " Madre mia, ho paura che non potrai più circolare per Bagdad a causa della moglie del pezzo grosso che hai spogliato, del giovane mercante che hai denudato, del tintore al quale hai rubato i vestiti dei clienti, e dell'asinaio padrone dell'asino! " " Puah! " fece Dalila. " Di costoro non m'importa un fico! L'unico che mi preoccupa è l'asinaio perché mi conosce. " E questo per il momento è tutto quanto riguarda Dalila.
Quanto al tintore, dopo aver comprato focacce farcite e carne, si avviò verso casa ripassando davanti alla bottega; ed ecco che la vide completamente vuota, e dentro c'era l'asinaio occupato a rompere diligentemente gli orci e le giare si che dappertutto c'erano cocci e rivoli di acqua colorata. Allora il tintore si precipitò verso la bottega gridando: " Fermati, fermati asinaio! " L'asinaio si voltò, lo vide e gli disse: " Sia lode ad Allàh che ti ha liberato>! Se torni alla bottega, vuol dire che non temi più i tuoi creditori! " " Si può sapere che stai dicendo, asinaio? " fece il tintore.
E quello di rimando: " Sto parlando del tuo fallimento. " " E chi ti ha detto che io sono fallito? " " Me lo ha detto tua madre, la quale mi ha ordinato di distruggere ogni cosa qui dentro, acciocché gli uscieri del cadì non potessero sequestrare nulla! " Il tintore, udendo queste cose, rimase sbalordito e gridò: " Che Allàh confonda il Maligno! Mia madre è morta da un pezzo! " e cominciò a picchiarsi il petto dalla disperazione. Allora anche l'asinaio si mise a gridare disperato:
" Ahimè, ho perduto il mio asino! " Poi rivolto al tintore gli disse: " 0 tintore della malora, restituiscimi l'asino, quello che mi è stato preso da tua madre! " Allora il tintore gli si precipitò addosso e cominciarono a suonarsele di santa ragione, mentre davanti alla bottega si raccoglieva gente attirata dalle grida e dallo strepito. Alla fine, come Dio volle, riuscirono a separarli e uno dei presenti chiese perché mai si picchiassero. Quando ebbe udito tutta la storia, disse: " Senza dubbio, Hagg Muhammad, tu sei responsabile dell'asino di questo asinaio. " "E perché? " fece il tintore. " Perché, " riprese quello, " l'asinaio ha affittato l'asino alla vecchia solo perché aveva visto che tu l'avevi lasciata a custodire la bottega e tutto quanto c'era dentro, Perciò è giusto che tu gli riporti il suo asino.
Dopo di che, tutti se ne andarono per i fatti loro.
Intanto, la giovane sposa dell'emiro Hasan, vedendo che la vecchia non tornava a prenderla, decise di compiere la pia visita allo sceicco Abu 'I-Hamalàt e, così come si trovava, vestita solo con una camicia finissima trasparente, uscì dalla stanza ed entrò nel salone. Il giovane mercante, quando la vide, esclamò: " Finalmente! Vieni qua, che ti esamini, perché tua madre vuole che mi sposi con te. " " Mia madre è morta da un pezzo, " rispose la fanciulla. " Ma tu non sei suo figlio, l'idiota, quello che aiuta lo sceicco Abu 'I-Hamalàt, il moltiplicatore delle gravidanze? " " Quanto ad essere idiota, " rispose il giovane, " non lo sono affatto; quanto a moltiplicare le gravidanze, posso fare del mio meglio e quanto a quella vecchia, essa non è affatto mia madre. Anzi, credo proprio che sia tua madre, perché appunto per causa tua mi ha condotto in questo luogo, dove mi ha spogliato di tutti i miei abiti e mi ha rubato mille dinàr. Perciò riterrò te responsabile di tutto. " " Tu certamente sei suo figlio, " lo rimbeccò la signora Khatùn, " ed io sono stata derubata da quella vecchia di tutti i miei abiti e dei miei gioielli; perciò tu dovrai restituirmi ogni cosa. " Mentre i due giovani stavano discutendo in questo modo, ecco che entrò in casa il tintore seguito dall'asinaio. " Dov'è vostra madre? " chiese il tintore. Allora il giovane mercante raccontò tutto quello che gli era accaduto e la signora Khatùn raccontò quello che era accaduto a lei. "Ahimè! Ahimè! " cominciò a gridare il tintore. " Così tutto il mio avere e i vestiti dei clienti, sono andati perduti! " E l'asinaio gridò a sua volta: " Oh, il mio asino, il mio asino! Ridammi il mio asino, tintore! " " Questa vecchia è una maledetta imbrogliona, " fece il tintore, " e voi due, " disse rivolto ai due giovani, " andatevene da questa casa! " Allora il giovane mercante disse: " Sarebbe una vergogna per te se uscissimo da questa casa così mezzi nudi! " Così il tintore diede loro degli abiti e rimandò a casa la giovanetta e al giovane mercante disse: " Vieni con noi, andiamo a denunciare questa maledetta vecchia al capo della polizia. " E si recarono subito dal capo della polizia al quale raccontarono tutto quanto era accaduto. Dopo avere ascoltato, questi disse: " Brava gente, chissà quante vecchie ci sono in questa città! Come volete che faccia a ritrovarla, io che non la conosco? Piuttosto mettetevi in cerca voi, acchiappatela, portatemela e io la farò confessare. " Così i tre si misero in giro alla ricerca della vecchia e più avanti se ne riparlerà ancora.
Quanto a Dalila la Volpe, ella disse a sua figlia Zainab: " Figlia mia, quello che ho fatto è ancora niente. Voglio escogitare qualche altro imbroglio che faccia ancor più rumore. " " Madre mia, " rispose Zainab, " comincio a stare in pensiero per te. " " Non temere di nulla, figlia mia, perché io sono come la fava nel baccello: non temo né il fuoco né l'acqua. " Poi si alzò, si vestì come la serva di una casa ricca e uscì per la strada in cerca di ispirazione. Cammina e cammina, arrivò in un vicolo tutto parato a festa, con lanterne, ghirlande di fiori e tappeti stesi per terra, e sentì canti e suoni di tamburelli. Sulla porta di una casa vide una schiava che portava in collo un bambino vestito con un abito di velluto ricamato d'oro, con in capo un tarbusc decorato da tre fili
di perle e al collo una preziosa collana d'oro e di pietre rare.
Dalila s'informò dai passanti e seppe che quella era la casa del capo dei mercanti di Bagdad, che quel bambino era suo figlio, e che il motivo della luminaria, dei tappeti e dei canti era nel fatto che quel giorno si celebrava appunto il fidanzamento di una figlia vergine del capo dei mercanti.
Ora, poiché la moglie del capo dei mercanti era occupata a ricevere gli invitati, aveva affidato il bambino più piccolo a una schiava perché ne avesse cura e lo distraesse. Quando Dalila ebbe visto e udito tutto ciò, si disse: " Dalila mia. qui l'unica cosa da fare è di portare via quel bambino a quella schiava. " Così tirò fuori un dinàr falso, si avvicinò alla schiava, che era una sempliciotta, e le disse: " Ragazza mia, prendi questo dinàr, va' dalla tua padrona e dille < Umm al-Khair si rallegra per questo fatto e ti manda le sue benedizioni, e in segno di gratitudine per tutto il bene che le hai fatto verrà il giorno delle nozze con le sue figlie a portare doni, come è consuetudine, alle pettinatrici. " " Zia mia," le rispose la schiava, " se io riporto in casa questo bambino, si attaccherà alle vesti della madre e darà fastidio agli invitati." " Non preoccuparti di questo, " rispose Dalila; " lascialo qui, ché ci penserò io mentre tu vai e torni. " Così, non appena la schiava fu entrata in casa, Dalila prese il bambino e fuggì via.
Ma strada facendo si disse: " Certo, o Dalila, prendere in giro quella schiava è stato un bello scherzo; ma la cosa sarebbe veramente perfetta solo se tu riuscissi a escogitare qualche trucco servendoti di questo ragazzino. "
Mentre pensava a queste cose, si trovò a passare nel suk dei gioiellieri, e davanti a una bottega vide un orafo ebreo con un banchetto pieno di gioielli. Allora Dalila si disse: " Cara Dalila, saresti veramente furba se riuscissi a carpire a quell'ebreo gioielli per mille dinàr lasciandogli in pegno questo ragazzino. " Ciò detto, si appartò in un angolo oscuro, tolse al ragazzo gli abiti preziosi e la collana, quindi si avvicinò alla bottega dell'ebreo, il quale, visto il ragazzo con la vecchia, lo riconobbe subito per il figlio del capo dei mercanti. " Che cosa vuoi, signora? " chiese l'ebreo a Dalila. " Sei tu mastro Ezra l'ebreo?; chiese Dalila. " Sì, "
rispose quello. " Ebbene, sappi che oggi si celebra il fidanzamento della figlia del mio padrone, ed io sono stata mandata da te perché hanno bisogno di gioielli per la fidanzata. Ti prego quindi di darmi due paia di anelli d'oro per caviglie, un paio di braccialetti d'oro, un paio di orecchini di perle, una cintura in filigrana d'oro, un pugnale con il manico di giada incrostato di rubini e un anello a sigillo. " L'ebreo si affrettò a scegliere fra le cose che erano nella sua bottega quanto gli era stato chiesto. " Ora io porterò tutte queste cose ai miei padroni, " disse Dalila, " loro sceglieranno quello di cui hanno bisogno, e io tornerò poi con il denaro per pagarti. Vuol dire che intanto ti lascerò in pegno questo bambino. " " Sia fatto come vuoi tu, " rispose l'ebreo. Dalila prese allora i gioielli e se ne tornò in fretta a casa sua.
Quando Zainab la Furba vide arrivare la madre le chiese: " Che cosa hai, saputo combinare oggi, mamma? " " Solo unoscherzetto da nulla, per oggi. Mi sono limitata a prendere e a spogliare il figlioletto del capo dei mercanti e a lasciarlo da un gioielliere ebreo come pegno per mille dinàr di gioielli che ho preso! " Allora la figlia esclamò " Questa volta credo proprio che tu l'abbia fatta grossa! E temo che non potrai più mettere piede nelle vie di Bagdad! " Al che Dalila rispose: "Cosa dici? Quello che ho fatto è ancora niente! Tu però, figlia mia, non preoccuparti per me e non avere alcun timore! "
Nel frattempo la schiava sempliciotta si era recata dalla padrona per farle l'ambasciata e questa le aveva chiesto: " Dov'è il tuo padroncino? " " Per paura che ti disturbasse, " rispose la schiava; " l'ho lasciato con quella vecchia, la quale mi ha regalato anche un dinàr. "
E mostrò il dinàr alla padrona, la quale lo prese, lo guardò bene e vide che era falso. Allora si alzò tutta adirata e disse alla schiava: " Sgualdrina! Qui c'è sotto un imbroglio! Vai subito a prendere il tuo padroncino! " La schiava, piena di timore, corse subito alla porta di casa, ma non trovò più né la vecchia né il bambino, così gettò un gran grido e cadde a terra svenuta. Tutti accorsero per vedere che cosa fosse successo e subito in quella casa la gioia si tramutò in lutto. Disperata, la padrona di casa corse dal capo dei mercanti al quale raccontò tutto quanto era accaduto. Questi, insieme con alcuni amici
anch'essi mercanti, cominciò subito a percorrere la città in lungo e in largo in cerca del figlio rapito. Dopo molte corse avanti e indietro, finalmente il capo dei mercanti vide il figlio sull'uscio della bottega dell'ebreo. Stravolto dalla gioia e dalla collera, si precipitò sull'orafo ebreo gridando: " Maledetto, ridammi mio figlio! " E poi, vedendo che il bambino era quasi nudo: " Che cosa ne è stato dei suoi vestiti? " L'ebreo, tremando di paura, gli disse: " Che cosa ho a che fare io con tuo figlio? Conoscendoti, non avrei avuto certo bisogno di una simile garanzia, ma è stata la vecchia che ha voluto lasciarmi il bambino in pegno dei mille dinàr di gioielli che ha preso per tua figlia. " Allora il capo dei mercanti, sempre più adirato, gli disse: " Ma che dici, insensato? Credi forse che mia figlia non abbia abbastanza gioielli? Poche chiacchiere, ridammi subito gli abiti che hai tolto a mio figlio! " A questo punto l'orafo ebreo, temendo che il capo dei mercanti fosse diventato matto, cominciò a strillare sulla porta della bottega: " Aiuto musulmani, aiuto musulmani! " Proprio in quel momento, si trovavano a passare davanti alla bottega l'asinaio, il tintore e il giovane mercante, i quali, attirati dalle grida, s'informarono della cagione di quel litigio e, saputala, dissero: " Sicuramente siete stati vittime della medesima vecchia che ha imbrogliato anche noi. " E raccontarono la loro storia ai presenti, che rimasero stupefatti, e al capo dei mercanti, il quale, dopo avere ascoltato quella incredibile faccenda, esclamò: "è già molto che sia riuscito a trovare mio figlio! Non m'importa degli abiti: farò conto ch'essi siano il suo riscatto. " E preso il bambino se ne tornò a casa dove la moglie lo accolse al colmo della gioia.
L'ebreo chiese ai tre: " E adesso, dove pensate di andare? " E quelli risposero: " Andremo a continuare le nostre ricerche. " " Prendetemi con voi, " fece l'ebreo. " Va bene, " disse l'asinaio, " ma io propongo che ognuno di noi percorra una strada diversa, così ci sarà più facile ritrovarla. Vuol dire che ci rivedremo tutti alla bottega di Hagg Masùd, il barbiere magrebino. " Così, ciascuno se n'andò per una via diversa.
Ora accadde che, mentre Dalila la Volpe percorreva le vie della città pensando a qualche nuovo imbroglio da combinare, incontrò l'asinaio, il quale la riconobbe e le saltò addosso gridando: " Il malanno a te, vecchia strega! Finalmente ti ho trovata! " " Che ti succede, figlio mio? " chiese Dalila. " Rendimi il mio asino! " " Parla piano, figlio mio! " fece Dalila con voce melliflua. " Non scoprire ciò che Allàh ha coperto con il suo velo! Vediamo un po'! Che cosa vuoi tu? Solo il tuo asino o anche la roba degli altri? "
E l'asinaio rispose: " Solo il mio asino! " Allora Dalila gli disse: " Figlio mio, io so che tu sei povero e non ho voluto privarti, del tuo asino. L'ho lasciato in deposito dal barbiere magrebino Hagg Masùd che ha la bottega qui di faccia. Aspettami un momento, ch'io vado da lui a chiedergli di ridarmi l'asino. " Allora Dalila entrò nella bottega del barbiere e piangendo baciò la mano al magrebino dicendo: " Ahimè! Ahimè! " " Che cos'hai, buona zia? " s'informò il magrebino. " Carissimo, " fece Dalila sempre piangendo, " vedi quel giovanotto che è in piedi là di fronte? Ebbene, quello è mio figlio. Faceva di mestiere l'asinaio, ma un giorno si ammalò e gli umori del sangue gli hanno stravolto il cervello, sicché ora non fa altro che ripetere: < Il mio asino, il mio asino. > Orbene, un medico m'ha detto che potrà guarire solo se gli farò cavare due molari e cauterizzare l'attaccatura dei capelli sulle tempie. Perciò ti prego, prendi questo dinàr e chiamalo qui dentro dicendogli: <Il tuo asino è da me!> e poi fagli quello che il medico ha prescritto. " Ciò detto Dalila se ne andò per i fatti suoi uscendo da un'altra porta, mentre il barbiere magrebino chiamava l'asinaio dicendogli:
" Ehi, tu, brav'uomo, entra, ché il tuo asino è da me! " E appena l'asinaio fu entrato nella bottega gli diede un pugno in testa che lo fece cadere tramortito. Poi chiamò i suoi garzoni, lo fece legare, lo fece portare nel retrobottega, dove gli cavò i due molari e gli cauterizzò le tempie. Quando l'asinaio rinvenne e si accorse di quello che gli avevano fatto, esclamò: " Barbiere della malora, perché mi hai fatto questo? " " Tua madre mi ha informato delle tue condizioni di salute, " rispose il barbiere, " e mi ha detto che tu non fai altro che ripetere tutto il giorno: < Il mio asino , il mio asino. > Così io t'ho cavato due molari e ti ho cauterizzato le tempie per guarirti. " " Che Allàh ti castighi per i miei due molari! " disse l'asinaio. " Io, " replicò il barbiere, " ho fatto solo quello che mi ha ordinato di fare tua madre. " " Che Allàh le renda difficile la vita! " gridò l'asinaio.
Il barbiere, vedendo che quello non smetteva di agitarsi, pensò bene di lasciarlo solo e rientrò nella bottega, ma quale non fu la sua meraviglia constatando che il negozio era completamente spoglio. Specchi di madreperla, forbici, rasoi, coramelle, bacili di rame, brocche, asciugamani, sgabelli, tutto era scomparso! E della vecchia nemmeno l'odore! Allora, in preda all'ira, il barbiere tornò nel retrobottega gridando all'asinaio: " Conducimi da tua madre! Quella maledetta ha fatto man bassa nella mia bottega! " " Ma che madre e madre! " ribatté l'asinaio. " Quella vecchia non è altro che un'imbrogliona, che ha truffato una quantità di gente e a me ha rubato l'asino! " Mentre stavano lì questionando, arrivarono il tintore, l'ebreo e il giovane mercante, i quali, vedendo il barbiere e l'asinaio che litigavano, vollero sapere la ragione di quella disputa. Dopo di che, dissero al barbiere: " Quella donna è una vecchia imbrogliona che ci ha truffati tutti quanti. " E ciascuno raccontò la sua storia. Allora il barbiere chiuse il negozio e si recò con loro a casa del capo della polizia, al quale dissero: " Solo tu puoi aiutarci a recuperare quello che è nostro. " " Ma come volete che faccia " disse il capo della polizia, " con tante vecchie che ci sono in città? Almeno, c'è qualcuno fra voi che la conosce? " " Io la conosco, " disse l'asinaio, " però bisogna che tu ci dia dieci dei tuoi soldati. " Cosi l'asinaio e gli altri uscirono dal palazzo con la scorta di dieci soldati e cominciarono a cercare per la città. E a un tratto ecco la vecchia Dalila che veniva verso di loro! Quelli le balzarono addosso, l'acciuffarono e la condussero dal capo della polizia e, poiché questi in quel momento stava dormendo, si misero a sedere nel cortile aspettando che si svegliasse.
Era l'ora calda del giorno e così, a poco a poco, tutti furono colti dalla sonnolenza, e anche Dalila fece finta di addormentarsi. Ma dormiva con un occhio aperto, e quando vide che tutti erano sprofondati nel sonno, quatta quatta si alzò e sgattaiolò nell'harem del capo della polizia. Riuscì a trovare le stanze della moglie del capo e quando fu al cospetto di costei le baciò le mani e le disse: " Padrona cara, vorrei vedere il vostro signore, il capo della polizia! " " Il capo della polizia in questo momento sta riposando! Ma che vuoi da lui? "
Allora Dalila disse: " Mio marito, che è mercante di schiavi, prima di partire per un viaggio mi ha lasciato cinque schiavi da vendere nel modo migliore. Stamane il capo della polizia, passando per il mercato, ha visto questi cinque schiavi e me ne ha offerto mille dinàr, più duecento di provvigione per me. Io ho accettato il prezzo e così ora sono venuta a consegnarglieli. " " E dove sono questi cinque schiavi? " domandò la padrona di casa. " Sono nel cortile. Basta che tu ti affacci a quella finestra e li vedrai. " Allora la moglie del capo della polizia si affacciò a una finestra e vide i cinque uomini addormentati nel cortile, e poiché giudicò che i soli abiti che avevano indosso valessero più di mille dinàr, pensò che quello era un affare da non lasciarsi sfuggire. Così, tornò verso la vecchia e, presi da uno stipo mille dinàr, glieli diede dicendo: " Cara zia, eccoti i mille dinàr. Purtroppo, io non ho altro con me sul momento; se vuoi, aspetta che mio marito si svegli, se no ripassa un altro giorno per incassare gli altri duecento dinàr. " " Sai che ti dico, signora mia? " fece Dalila la Volpe dopo aver preso i mille dinàr, " dei duecento dinàr che restano, cento sono tuoi: erano attaccati sotto l'orcio dell'acqua fresca.in quanto agli altri cento, passerò uno di questi giorni a prenderli. " Ciò detto Dalila uscì dalla porta segreta dell'harem e se ne tornò, senza che alcuno la fermasse, a casa sua. Appena fu arrivata, la figlia Zainab le chiese: " Mamma cara, che cosa hai combinato oggi? " E Dalila la Volpe ridendo le disse: " Figlia mia, ho combinato un bello scherzo alla moglie del capo della polizia vendendole come schiavi, per mille dinàr, l'asinaio, il tintore, l'ebreo, il barbiere e il giovane mercante. Epperò di tutti costoro ce n'è uno solo che mi preoccupa ed è l'asinaio! Quel figlio di malafemmina ogni volta che m'incontra mi riconosce! " Allora Zainab le disse: " Madre mia, se le cose stanno così, farai meglio a rimanere tranquilla in casa per qualche giorno. Non dimenticare il proverbio, che dice: < Batti e ribatti, ogni orcio si spezza. > " Ma torniamo agli altri. Quando il capo della polizia si alzò dopo aver fatto il suo pisolino pomeridiano la moglie gli disse: " Spero che il sonno ti sia stato dolce e ristoratore! Sono contenta per i cinque schiavi che hai comperato. " " Quali schiavi? " " Ah, se è così, se vuoi tenermi nascosta la cosa, che essi possano prendersi gioco di te come tu ti prendi gioco di me! "
" In nome di Allàh, si può sapere che cosa stai dicendo? lo non ho comprato nessuno schiavo. Chi è che ti ha dato queste notizie? " " La vecchia, " rispose la moglie, " proprio quella da cui tu li hai comprati per milleduecento dinàr. E non solo li ha condotti qui, ma me li ha mostrati giù nel cortile, e ho potuto vedere con i miei occhi che i soli abiti che hanno indosso valgono almeno mille dinàr. " " E tu, " chiese il capo della polizia che cominciava a insospettirsi, " hai dato del denaro a questa vecchia? " " Certamente, " rispose la moglie. Allora il capo della polizia scese in cortile, dove non vide altri che l'asinaio, il barbiere, l'ebreo, il giovane mercante e il tintore.
Così domandò alle guardie: " Dove sono i cinque schiavi che la vecchia è venuta a vendere alla vostra padrona? " E quelli risposero: " Da quando tu sei andato a dormire, signore, non sono venuti che questi cinque che vedi là! " Allora il capo della polizia si rivolse a quei cinque e disse loro: " La vostra padrona, quella vecchia, vi ha venduti a me per mille dinàr. Cominciate a lavorare vuotandomi le chiaviche del palazzo. " A queste parole i cinque caddero dalle nuvole e cominciarono a gridare: " Se questo è il tuo modo di farci giustizia, non ci rimane che ricorrere al nostro signore il califfo. Noi siamo uomini liberi e non possiamo essere venduti o comperati. " " Se non siete degli schiavi, " ribatté il capo della polizia, " vuol dire che siete dei ladri e degli imbroglioni, che siete d'accordo con la vecchia e che siete stati voi a condurla nel mio palazzo per combinarmi questo imbroglio! E quindi, per Allàh, state sicuri che vi venderò a qualche straniero per cento dinàr ciascuno! " Mentre diceva ciò, ecco che entrò nel cortile del palazzo l'emiro Hasan, Flagello delle Strade, che veniva a lamentarsi col capo della polizia per la disavventura toccata alla moglie. Non appena ebbe visto il capo della polizia, l'emiro Hasan cominciò a gridare: " E', così che tu fai il tuo dovere? Permettendo alle vecchie ruffiane d'introdursi negli harem e di truffare le mogli degli emiri? E' questo che sai fare? Per Allàh, io ti ritengo responsabile di questa faccenda e dei danni causati a mia moglie! " Sentendo ciò, i cinque esclamarono: " 0 emiro, o valente capitano Flagello delle Strade, noi rimettiamo nelle tue mani anche la nostra causa! " E l'emiro Hasan domandò loro: " E voi, che cosa avete da reclamare? " Allora quelli gli raccontarono le loro disavventure e l'emiro Hasan, dopo che ebbe ascoltato, disse: " Senza dubbio, anche voi siete stati imbrogliati e ora il capo della polizia si sbaglia se pretende d'imprigionarvi!." A questo punto, il capo della polizia, vedendo come si mettevano le cose, disse: " 0 emiro Hasan, per quel che riguarda i danni causati a tua moglie, penserò io a risarcirteli e in quanto alla vecchia ti garantisco che la acciufferemo. Ma c'è qualcuno di voi che la conosce? " Al che i cinque risposero: " La conosciamo tutti, ormai. Tu dacci dieci soldati e noi la agguanteremo. " Il capo della polizia ordinò allora che dieci guardie si recassero con quegli uomini, e così tutti quanti uscirono in caccia della vecchia.
Ed ecco che voltato l'angolo di un vicolo andarono a, sbattere proprio addosso a Dalila la Volpe. Subito la presero e la portarono dal capo della polizia, il quale chiamò il carceriere e gli ordinò di prendere in custodia la vecchia. Ma il carceriere rispose: " Visto quello che costei ha saputo combinare, non me la sento di prenderla sulla mia responsabilità, perché ho paura che mi combini qualche trucco e che mi sfugga di mano. " Allora il capo della polizia montò a cavallo, seguito dalla vecchia, dalle guardie e dai cinque, e si recò fuori di città, lungo la riva del Tigri, dove erano le croci dei giustiziati. Qui giunto ordinò che- la vecchia fosse legata per i capelli ad una croce, lasciò dieci uomini di guardia e se ne tornò a casa.
Arrivò la notte e il sonno vinse le guardie; ma ecco che si trovò a passare di là un beduino. Questi, il giorno prima, mentre se ne andava tranquillamente per la sua strada, aveva incontrato un amico, al quale aveva chiesto: " Fratello, che cosa hai fatto durante tutto questo tempo? " E l'altro gli aveva risposto: " Sono stato a Bagdad, e ti assicuro che vi ho mangiato le più buone frittelle con zucchero e miele che abbia mai gustato in vita mia. " Allora il beduino aveva detto fra sé e sé: " Per Allàh, voglio assaggiare anch'io queste meravigliose frittelle di Bagdad! " E il giorno dopo si era messo in viaggio, arrivando nel posto dove si trovava Dalila crocifissa, e lungo la strada non aveva fatto altro che ripetersi ad alta voce: " Mangiare frittelle con zucchero e miele dev'essere una cosa meravigliosa! Per l'onore degli arabi, la mia vita nel deserto non è stata che una vita di privazioni, ma appena sarò a Bagdad voglio ripagarmi mangiando tante frittelle quante ne tiene la mia pancia! " E così, sempre parlando fra sé, il beduino scorse Dalila crocifissa, te si avvicinò e le chiese: " Chi sei, e perché sei costì? " E Dalila, che aveva sentito ciò che il beduino andava dicendo, rispose: " 0 sceicco degli arabi, mi metto sotto la tua protezione! " E quello: " Allàh è il miglior protettore! Ma perché ti hanno legata a quella croce? " " Sappi, o rispettabile sceicco, che fra i miei nemici c'è un mercante, friggitore di frittelle, che è il più famoso in tutta Bagdad. Ora l'altro giorno io, per vendicarmi di un'offesa che mi aveva fatto, sono andata davanti alla sua bottega e ho sputato sulle sue frittelle. Allora il friggitore è andato a lamentarsi dal capo della polizia, il quale mi ha fatto arrestare e mi ha condannata ad essere crocifissa, a meno che io mangi tutti in una volta, dieci piatti di frittelle. Ed è domani mattina che mi porteranno i dieci piatti di frittelle e se io non riuscirò a mangiarle rimarrò legata su questa croce fino alla morte. " " E questo è tutto? " le chiese il beduino. " Certo, la pena non sarebbe grave, " rispose Dalila, " se non fosse per il fatto che io non ho mai potuto soffrire i dolci. Il solo odore delle frittelle, poi, mi disgusta. Per quanto mi sforzerò, so già che quando ne avrò mangiate due o tre non riuscirò più ad andare avanti. Ahimè, quale sfortuna mi è capitata! Dovrò morire di fame e di sete legata a questa croce! " Sentendo ciò, il beduino fu molto soddisfatto e disse a Dalila: " Non preoccuparti, zia! Pensa che io vengo apposta dal deserto per mangiare le frittelle con lo zucchero e il miele! Sai cosa facciamo? Ora ti slego, mi metto al tuo posto e domani mangerò per te i dieci piatti di frittelle! " Ciò detto il beduino slegò Dalila, indossò gli abiti di costei, quindi si fece legare sulla croce. Dalila, dal canto suo, dopo avere indossato il burnus del beduino, saltò in groppa al cavallo e se ne tornò a Bagdad.
Quando spuntò il giorno, le guardie si svegliarono e si alzarono. Allora il beduino, dall'alto della croce, disse loro: " Dove sono le mie frittelle con lo zucchero e il miele? " Sentendo quella voce, le guardie si dissero: " Ma questa non è Dalila! Questo è un beduino, e parla il dialetto dei beduini! " E intanto il beduino continuava a reclamare le sue frittelle. Allora le guardie gli dissero: " 0 beduino, che cosa fai in cima a quella croce? E dov'è la vecchia che era,, legata lassù? " E il beduino rispose: " lo l'ho slegata e le ho detto di andarsene con Dio, perché la poverina non può sopportare nemmeno l'odore delle frittelle. Perciò le mangerò io al posto suo! " Le guardie, che non capivano nulla di quel che stesse dicendo il beduino, si fecero raccontare per filo e per segno quanto era accaduto durante la notte. Dopo di che, vennero a sapere che anche il beduino, il quale non conosceva Dalila la Volpe, si era lasciato mettere nel sacco dalla vecchia. Mentre stavano lì a discutere se convenisse loro fuggire oppure no, ecco che venne avanti il capo della polizia, il quale disse alle guardie: " Avanti, sciogliete Dalila. " Ma il beduino cominciò a gridare: " 0 tu che sembri il capo di tutti, qui, quand'è che vi deciderete a darmi le mie frittelle con lo zucchero e il miele? " A queste parole il capo della polizia alzò gli occhi verso la croce e vide un beduino al posto della vecchia. Allora, tutto adirato, domandò alle guardie: ' " Che cosa significa tutto ciò? " E quelle risposero: " Per Allàh che l'ha voluto! La vecchia ha imbrogliato questo beduino ed è fuggita. " Allora il capo della polizia ordinò che il beduino fosse tirato giù dalla croce e appena questi fu a terra si attaccò al cavallo del capo della polizia gridando: " Se tu sei il capo della polizia, io ti ritengo responsabile delle frittelle che non ho avuto e del cavallo e degli abiti che mi sono stati portati via! " A questo punto si fecero avanti i cinque che erano stati imbrogliati da Dalila la Volpe e dissero: " 0 capo della polizia, tu dovrai risarcirci delle nostre cose. Infatti, noi abbiamo arrestato la vecchia e l'abbiamo consegnata a te, e quindi tu ne sei il responsabile. Ci appelleremo al Divano del Califfo! "
Chiesero dunque udienza e ottenutala si recarono al Divano del Califfo ed entrati nella sala si prosternarono, baciarono la terra e poi dissero: " Signore, raddrizza i torti che ci sono stati fatti! " Allora il califfo disse: " Chi è che vi ha fatto torto? E qual è il vostro caso? " Così uno dopo l'altro, l'asinaio, il tintore, il giovane mercante, l'orafo ebreo, il barbiere, il beduino, il capo della polizia e l'emiro Hasan raccontarono le truffe di cui erano stati vittime. Dopo aver udito quell'elenco interminabile di misfatti, l'Emiro dei credenti esclamò: " Sull'onore dei miei avi, vi giuro che tutto quello che vi è stato tolto vi sarà reso. Ma per prima cosa bisogna pensare a ritrovare la vecchia. E di ciò incarico te, capo della polizia! " Ma il capo della polizia scosse la testa e disse: " Dispensami dal farlo, o re del nostro tempo! Questa vecchia è riuscita perfino a scendere dalla croce. Non credo che riuscirò mai ad acciuffarla! Piuttosto affida l'incarico all'uomo più abile di Bagdad, Ahmed ed-Danif, che comanda la parte destra della città, che riscuote mille dinàr al mese di stipendio e fino adesso non ha ancora fatto nulla! " Allora il califfo ordinò che venisse chiamato il capitano Ahmed ed-Danif e quando questi si presentò gli disse: " Ascolta, capitano Ahmed. C'è in città una vecchia di nome Dalila che ha fatto questo e quest'altro. Ti ordino di rintracciarla e di condurmela! " Il capitano Ahmed baciò la terra davanti al califfo e disse: " Ascolto e obbedisco! " Dopo di che uscì dalla sala e andò a consigliarsi con il suo luogotenente Alì, detto Schiena di Cammello. " Qual è il tuo parere? " " Capitano Ahmed, sai quante vecchie ci sono a Bagdad? Per la mia barba, la ricerca di questa Dalila non sarà una cosa facile! " " E allora che cosa mi consigli? " " Poiché da soli non riusciremo mai a frugare in tutta la città, io ti consiglio di chiedere l'aiuto del capitano Hasan, che comanda la parte sinistra di Bagdad. Ma Ahmed ed Danif esclamò ad alta voce, in modo che il suo collega Hasan Shumàn potesse sentirlo: " Per Allàh, o Schiena di Cammello! E' tutto qui il tuo consiglio? Da quando in qua abbiamo bisogno di ricorrere agli altri per fare il nostro lavoro? "
Udendo queste parole, il capitano Hasan Shumàn si
furente e se ne andò, giurando che non avrebbe mai
il minimo aiuto al suo collega in questa faccenda.
Intanto, Ahmed ed-Danif, radunati i suoi quaranta uomini, disse loro: " Vi dividerete in quattro gruppi e frugherete i quattro quartieri di Bagdad, e domani ci ritroveremo alla
tale ora nel tale posto, nel tale quartiere e nel tale vicolo. " Intanto Dalila e sua figlia Zainab erano venute a sapere dalla voce pubblica che il califfo aveva ordinato ad Ahmed ed-Danif di perquisire tutta la città allo scopo di arrestare una vecchia mariuola le cui imprese erano sulla bocca di tutti. " Figlia mia, " disse Dalila a Zainab, " sarebbe certo una bella cosa mettere nel sacco anche questo capitano Ahmed ed-Danif e i suoi quaranta uomini. Purtroppo oggi non mi sento tanto bene, e in queste condizioni non voglio uscire per la città. " Allora Zainab, che era una bella ragazza, dagli occhi grandi e vellutati, dalla figura svelta e flessuosa, si alzò e disse: " Mamma cara, ti giuro per la mia serratura mai aperta che riuscirò a, combinare qualche scherzo a questo Ahmed ed-Danif! " Ciò detto si alzò, si vestì con molta cura ed eleganza e si recò da un taverniere, un certo Hagg Karim. Entrata che fu nella bottega, salutò graziosamente il taverniere e gli disse: " 0 Hagg Karim, ecco qui cinque dinàr se tu mi affitterai quello stanzone che hai sul retro della taverna e nel quale voglio intrattenere alcuni amici, in modo che questi possano entrare ed uscire senza essere visti dai tuoi clienti ordinari! " Hagg Karim diede a Zainab le chiavi della sala e Zainab, servendosi dell'asino dell'asinaio, andò a prendere dei tappeti, che distese ovunque sul pavimento dello stanzone, quindi dispose per terra vini e bevande e quando tutto fu pronto andò a mettersi sulla porta di strada.
Ed ecco che dopo un poco vide passare lì davanti Alì Schiena di Cammello con dieci uomini.
Allora la ragazza gli lanciò un'occhiata da far girare la testa a un eremita, quindi gli si avvicinò e gli baciò le mani. " Che cosa vuoi, ragazza? " " Sei tu il capitano Ahmed ed-Danif? " " No, io sono il suo luogotenente e mi chiamo Alì Schiena di Cammello. Ma tu chi sei e che cosa fai in questa città? " " Mio padre, " gli disse Zainab, " faceva il bettoliere a Mossul, è morto e ha lasciato molto denaro. Allora io sono venuta in questa città e ho aperto questa osteria, ma per timore delle tasse e dei balzelli vorrei mettermi sotto la protezione del capitano Ahmed. " " In questo non vedo alcuna difficoltà, " rispose Alì. " Oggi stesso ti metterai sotto la sua protezione! " " E intanto, " disse Zainab, " fatemi il piacere, tu e i tuoi uomini, di entrare nella mia osteria e di rifocillarvi un poco. " Ciò detto li fece entrare e offrì loro del vino narcotizzato, così che dopo averne bevuto un bicchiere caddero tutti addormentati come sassi. Allora la ragazza li spogliò di tutti i loro abiti, dopo di che li trascinò in uno stanzino. E come aveva fatto con questi fece anche con gli altri. Nel frattempo il capitano Ahmed ed-Danif continuava ad andare in giro per Bagdad in cerca di Dalila, ma non solo non trovò la vecchia, non vide nemmeno alcuno dei suoi uomini e cominciò a preoccuparsi.
Camminando camminando, arrivò davanti alla taverna dove stava la ragazza; questa allora, ondeggiando le anche, si avvicinò a lui e dopo avergli scoccato un'occhiata da far distrarre un imam nel momento della preghiera gli baciò le mani e gli disse: " Sei tu il capitano Ahmed ed-Danif? " " Sono proprio io quello che cerchi! " Allora la giovane gli raccontò la solita storia del padre taverniere e lo invitò ad entrare per rifocillarsi un momento. Ahmed ed-Danif pensò che la vecchia Dalila poteva aspettare, così entrò, si sedette, bevve una coppa di vino e stramazzò a terra narcotizzato. Allora Zainab prese anche a lui gli abiti, li mise insieme agli, altri, caricò ogni cosa sull'asino dell'asinaio e sul cavallo del beduino e se ne andò per i fatti suoi. Dopo qualche tempo, Alì Schiena di Cammello si risvegliò e visti i suoi compagni sotto gli effetti della droga li fece rinvenire con un contronarcotico, e fece rinvenire anche il suo capo Ahmed ed-Danif.
Quando questi si vide spogliato di tutti i suoi abiti e vide i suoi uomini nelle medesime condizioni, cominciò a imprecare contro il destino. Tuttavia non ebbero il coraggio di uscire da quel luogo fino a che non fu notte fonda, per tema che la gente, vedendoli in camicia, li prendesse in giro. Quando finalmente tornarono in caserma, Hasan Shumàn, vedendoli in quello stato, si mise a ridere e chiese loro: " Chi è che vi ha ridotti così? " E Ahmed ed-Danif rispose: " Andavo in cerca di una vecchia e una giovane mi ha spogliato! " " Sei stato proprio furbo! " osservò Hasan Shumàn. " Forse che tu conosci quella giovane? " fece Ahmed ed-Danif. " Certo che la conosco: è la figlia della vecchia che stavi cercando " rispose Hasan Shumàn. " E come faremo per acchiappare madre e figlia? " fece Ahmed ed-Danif. " La cosa è semplice, " rispose Hasan Shumàn. " Domani recati dal califfo, e quando ti chiederà se hai arrestato la vecchia tu scuoti il capo e digli: < 0 Emiro dei credenti, come faccio ad arrestarla se non la conosco e non conosco nemmeno sua figlia? C'è però il capitano Hasan Shumàn che conosce queste due donne. Perciò ti prego di affidare a lui l'incarico. > "
Il giorno dopo Ahmed ed-Danif e Hasan Shumàn si recarono al Divano del Califfo. Baciarono la terra davanti ad Harùn ar-Rashìd il quale chiese: " Capitano Ahmed, dov'è la vecchia? " Allora Ahmed ed-Danif disse: " Per Allàh, o Emiro dei credenti, io non conosco questa vecchia! Affida questa faccenda al capitano Hasan che conosce la vecchia e la figlia; e inoltre egli afferma che la vecchia ha fatto tutto ciò solo per far parlare di sé e attirare la tua attenzione! " Allora Harùn ar-Rashìd si voltò verso Hasan e gli domandò: "E' vero questo, capitano Ha-san? Pensi davvero che abbia fatto tutto questo per guadagnarsi i miei favori? " " E' vero, o Emiro dei credenti! " Allora il califfo disse: " Sulla tomba e sull'onore dei miei antenati, se questa vecchia restituisce a tutta questa gente ciò che ha rubato io la perdono! " " Se questa è la tua volontà, o Emiro dei credenti, " disse Hasan Shumàn, " dammi per lei un pegno di sicurezza! " Così il califfo gettò ad Hasan Shumàn il suo fazzoletto come pegno di sicurezza per la vecchia.
Preso il fazzoletto, Hasan Shumàn si recò subito a casa di Dalila, bussò alla porta e gli venne ad aprire Zainab in persona. " Dov'è tua madre? " le chiese. " Di sopra! " " Valle a dire che Hasan Shumàn, capitano della parte sinistra, le reca da parte del califfo il fazzoletto della sicurezza a condizione che ella restituisca tutto quello che ha preso. Dille anche di scendere con le buone, altrimenti sarò costretto ad impiegare la forza! " Allora Dalila, che aveva sentito tutto, gridò: " Gettami il fazzoletto della sicurezza, e io ti accompagnerò dal califfo con tutta la roba che ho preso! " Hasan Shumàn le gettò il fazzoletto, Dalila se lo mise intorno al collo, poi, aiutata dalla figlia, caricò tutti gli oggetti rubati sull'asino dell'asinaio e sul cavallo del beduino. Quando ebbero finito di caricare, Hasan Shumàn disse a Dalila: " Mancano ancora i vestiti di Ahmed ed-Danif e dei suoi
quaranta soldati! " " Sul nome di Allàh, ti giuro che non li ho presi io! " disse Dalila. Hasan Shumàn si mise allora a ridere e disse: " E vero! :sei stata tua figlia Zainab a combinare questo scherzo! E va bene, quanto ai vestiti, conservali! " Così, insieme con le due bestie, portò via Dalila e la condusse al Divano del califfo.
Quando il califfo vide entrare quella vecchia diabolica, fu colto dall'ira e ordinò che venisse gettata sul tappeto del sangue e vi fosse subito giustiziata. Ma Dalila gridò: " Hasan Shumàn, io sono sotto la tua protezione! " Allora Hasan Shumàn venne avanti, baciò le mani al califfo e disse: " Perdono per lei, o Emiro dei credenti! non dimenticare che tu le hai già fatto grazia. " " E' vero, " disse Harùn ar-Rashìd, " io le ho perdonato perché tu hai interceduto per lei. Vieni avanti, vecchia. Come ti chiami? " " Il mio nome è Dalila e io sono soltanto una povera vecchia. " A questo punto il califfo si mise a ridere e disse: " Tu sei soltanto una vecchia volpe! " E così da quel momento, in tutta la città di Bagdad, Dalila venne soprannominata Dalila la Volpe. Poi il califfo le chiese: " Almeno vuoi dirmi perché hai combinato tutti questi imbrogli e hai dato tanti fastidi a me e ai miei ufficiali? " Allora Dalila si gettò ai piedi del califfo e disse: " Sappi, o Emiro dei credenti, che io non ho agito così per cupidigia dei beni degli altri, ma solo perché, avendo sentito parlare delle gesta di Ahmed ed-Danif e di Hasan Shumàn, e avendo poi saputo che tu, in virtù di queste gesta, li avevi nominati capitano della parte destra e capitano della parte sinistra di Bagdad, ho pensato di compiere anch'io delle gesta pari a quelle di costoro per potere ottenere da te, nostro signore, un incarico degno della vedova del tuo custode dei piccioni! " A questo punto l'asinaio si levò in piedi e rivolto al califfo esclamò: " Che Allàh sia giudice fra me e questa vecchia! Infatti a costei non è bastato di avermi rubato l'asino, mi ha fatto anche strappare due molari e mi ha fatto cauterizzare le tempie dal barbiere! Chi mi ripagherà adesso di questi danni? " Allora il califfo ordinò che a ciascuno di coloro che erano stati giocati dalla vecchia venissero restituite le proprie cose e in più fece dare ad ognuno una somma di denaro a seconda dei danni patiti. E quando fu la volta del beduino, il califfo Harùn ar-Rashid gli chiese: " E
tu, o sceicco del deserto, che lagnanze hai? " Allora il beduino baciò la terra davanti ai piedi del califfo e disse: " 0 Emiro dei credenti, tutto questo mi è successo perché ho lasciato la mia tenda per venire a Bagdad ad assaggiare le frittelle con lo zucchero e il miele di cui mi erano state dette cose meravigliose. Epperò dacché sono giunto in questa città non ho avuto che guai e dispiaceri, ma frittelle niente! " Allora il califfo sorridendo ordinò al cuoco di corte che per un mese intero desse al beduino tutte le frittelle che questi fosse capace di mangiare. Quando tutti se ne furono andati, contenti e soddisfatti, il califfo si voltò a Dalila e le disse: " E adesso, esprimimi pure i tuoi desideri. " " 0 Emiro dei credenti, " rispose Dalila, " mio marito era custode dei tuoi piccioni viaggiatori; io desidero solo che tu dai a me lo stesso incarico. " " E sia! " disse Harùrì ar-Rashìd. " Tu mi risponderai con la tua testa di quei piccioni viaggiatori che mi sono più cari dei miei figli e avrai ai tuoi ordini quaranta schiavi negri e quaranta cani di quelli che presi al re degli afgani quando lo vinsi e lo deposi. " Allora Dalila disse: " lo ti chiedo ancora, o signore, che mia figlia Zainab venga a stare con me nel palazzo dei piccioni per aiutarmi ad assolvere il mio compito. " Il califfo le diede l'autorizzazione e Dalila, dopo aver baciato le mani ad Harùn ar-Rashìd, andò a far trasportare tutti i suoi mobili nel palazzo dei piccioni e prese possesso della sua carica. E così da allora ogni giorno se ne stava seduta sulla porta del palazzo dei piccioni, e ogni giorno saliva al Divano del califfo per vedere se ci fosse bisogno di spedire qualche messaggio. E di giorno il palazzo dei piccioni era sorvegliato dai quaranta schiavi negri, mentre quando scendevano le tenebre venivano lasciati liberi i cani che facevano la guardia durante la notte.
Mi è tornato alla mente, o re felice, che c'era a Bagdad, nel tempo in cui ci vivevano Ahmed ed-Danif e Hasan Shumàn, un altro mariuolo, così scaltro ed abile che le guardie non erano mai riuscite ad arrestarlo: infatti, ogni volta che credevano di tenerlo in pugno, lui sfuggiva loro tra le dita come una pallina di mercurio: per questo al Cairo, sua patria, lo chiamavano Alì Argentovivo. Bisogna sapere che, prima di abitare a Bagdad, Alì Argentovivo aveva vissuto
al Cairo e aveva lasciato questa città solo in seguito a a lcuni fatti che sono degni di essere ricordati all'inizio di questa storia.
Un giorno Alì se ne stava seduto fra gli uomini della sua banda con il cuore oppresso, il viso rabbuiato e la fronte corrugata e sembrava che nulla potesse rasserenarlo. Allora uno dei suoi uomini gli disse: " Che cosa hai, capo? Per la tristezza del cuore e l'oppressione dell'anima, non v'è nulla di meglio che fare una passeggiata per le vie e per suk del Cairo! " Così Alì si alzò e andò a passeggiare per le vie del Cairo, ma senza ottenere alcun effetto. Camminando camminando, giunse nel Vicolo Rosso, mentre la gente, dovunque egli passava, si faceva da parte per il timore che ispirava.
Ed ecco che in fondo alla strada vide un acquaiolo con un otre di pelle di capra sulle spalle e due tazze di rame, appese ad una catenella, che tintinnavano ad ogni passo mentre quello gridava: " Nel nome di Allàh! di Colui che rimerita! ecco l'acqua, gente! pura, deliziosa, fresca! Come l'occhio del gallo è la mia acqua! come il cristallo è la mia acqua, gioia della gola! " Alì chiamò con un gesto l'acquaiolo che gli versò una tazza d'acqua dicendo: " Che delizia! " Alì prese la tazza, vi guardò dentro, l'agitò ben bene come per sciacquarla, poi gettò l'acqua per terra. " Dammene un'altra! " L'acquaiolo gli versò un'altra tazza d'acqua e Alì fece come aveva fatto con la prima. Allora l'acquaiolo guardandolo di traverso gli disse: " Non bevi? Che cosa trovi nella mia acqua, che è pura come l'occhio di un gallo? " " Riempi ancora! " fece Alì, e l'acquaiolo gli riempì contro voglia una terza tazza. Questa volta Alì bevve l'acqua, poi restituì la tazza all'acquaiolo ponendoci dentro un dinàr d'oro. Ciò nonostante, l'acquaiolo lo guardò con disprezzo dicendo: " Che Allàh ti renda prospero, signore, che Allàh ti renda prospero! La gente da nulla è una cosa, i gran signori sono un'altra cosa! " Sentendo queste parole, Alì, al quale bastava molto meno per uscire fuori dai gangheri, afferrò l'acquaiolo per le vesti, gli mise sotto il naso un ricco pugnale d'argento e gli disse: " Figlio d'una ruffiana! Vogliamo ragionare col pugnale o con la lingua? " " Con la lingua, " rispose l'acquaiolo pallido di paura. " E allora, infimo figlio di una puttana, " riprese Alì, " tutta l'acqua
che hai nell'otre, anche a pagarla cara, non varrebbe tre dirham, e io ti ho dato per tre tazze un dinàr d'oro! Pensi forse che un dinàr d'oro sia poco per tre tazze? Ma dimmi, tu, hai mai visto uno più generoso di me? " " Sì, per Allàh! " rispose l'acquaiolo. " Nella mia vita ho per l'appunto incontrato uno che era più generoso di te! " " E chi era quest'uomo? " fece Alì. " Raccontami tutto! " " E tu lasciami andare, " fece l'acquaiolo. " Sediamoci sui gradini della fontana e io ti racconterò questo caso singolare. " Così Alì e l'acquaiolo si sedettero sui gradini della fontana che sta nel Vicolo Rosso del Cairo e l'acquaiolo cominciò a raccontare: " Sappi, generoso signore, che mio padre era lo sceicco della corporazione degli acquaioli del Cairo, ma non degli acquaioli che vendono l'acqua nelle case, bensì di quelli che, come me, la vendono al dettaglio per la strada. Orbene, mio padre morì e mi lasciò in eredità cinque cammelli, un mulo, una bottega e una casa. Avrei potuto starmene contento nella mia condizione, ma purtroppo l'uomo povero non è mai soddisfatto e il giorno in cui è soddisfatto muore. Cosi pensai di mettermi a trafficare e di andare nell'Hegiàz al tempo del pellegrinaggio della Mecca. Comperai a credito una carovana di cammelli, ma durante il viaggio i predoni mi portarono via ogni cosa, e quando giunsi alla Mecca mi dissi: <Se torno al Cairo, i creditori mi faranno arrestare; perciò sarà meglio che vada da qualche altra parte. > Così mi unii alla carovana dei pellegrini siriani, giunsi ad Aleppo e da Aleppo andai a Bagdad. Una volta arrivato a Bagdad, chiesi del capo della corporazione degli acquaioli, mi recai da lui, gli recitai la prima sura del Corano e gli augurai ogni bene.
Quello mi interrogò sulla mia condizione e io gli raccontai tutto quello che mi era capitato. Allora lui mi diede un abito nuovo, un otre e due tazze perché potessi guadagnarmi da vivere e io un bel mattino mi misi in giro per i diversi quartieri della città, lanciando il mio grido come facevo al Cairo. Ma il povero resta povero, perché tale è il suo destino. Constatai subito la differenza che c'era fra il Cairo e Bagdad, perché in questa città sembra che nessuno abbia sete, e quei pochi che bevono poi non ti pagano per ché dicono che l'acqua è di Allàh. Comunque sia, porsi la
tazza alla prima persona che incontrai e questa mi rispose: < Mi hai forse dato da mangiare, che mi offri da bere? > e il secondo mi rispose: < Che Allàh ti aiuti! > e se ne andò per i fatti suoi. Me ne stavo così piuttosto avvilito per quel cattivo inizio, quando vidi passare uno splendido corteo di uomini che procedevano a due a due e avevano in mano lunghi bastoni e in capo berretti ricamati di perle e splendidi burnus di seta e al fianco sciabole finemente lavorate. E in testa a loro marciava un signore a cavallo, dall'aspetto fiero e terribile, davanti al quale tutti si inchinavano fino a toccare terra. Allora chiesi a un tale che cosa fosse quel corteo e chi era quel cavaliere, e quello mi rispose: <Dal tuo accento e dalla tua ignoranza si capisce bene che sei del Cairo. Questi uomini sono le guardie del capitano Ahmed ed-Danif, lo stesso che tu vedi a cavallo in testa a tutti. E sappi che il capitano Ahmed ed-Danif ha il comando della parte destra della città mentre il suo collega, il capitano Hasan Shumàn, ha il comando della parte sinistra. E a tutti e due il califfo ha concesso onori e prerogative e un appannaggio mensile di mille dinàr per ciascuno.> In quel momento il capitano Ahmed mi vide e mi chiamò: <Acquaiolo, vieni qua, dammi da bere. > Cosi io gli riempii una tazza e lui la sciacquò, come hai fatto tu poco fa, quindi buttò via l'acqua, e lo stesso fece con una seconda tazza; la terza volta bevve inumidendosi appena le labbra. <Di dove sei, acquaiolo?> mi chiese. <Sono del Cairo, > risposi io. <Che Allàh faccia prosperi il Cairo e i suoi abitanti! Perché mai sei venuto in questa città, dove gli acquaioli sono poco apprezzati? > Allora io gli raccontai tutta la mia storia e come avessi lasciato il Cairo per paura dei creditori. <Sii il benvenuto a Bagdad! > esclamò lui, e mi diede cinque, dinàr d'oro. Poi si volse ai suoi uomini e disse loro: < Per l'amore di Allàh, raccomando questo mio compatriota alla vostra generosità > Così ciascuno dei suoi uomini mi diede un dinàr, poi il capitano mi disse: <Ogni volta che ci darai da bere riceverai altrettanto. > Così mi misi a frequentare quella gente e la mia cassettina di rame cominciò a riempirsi di soldi, fino a che un bel giorno contai quel che avevo guadagnato e mi accorsi di avere mille dinàr. Allora mi recai alla caserma del capitano Ahmed, gli baciai le mani ed egli mi chiese: < Che cosa vuoi?> <Vorrei tornare al mio paese, perché, come dice il poeta:
<' Il soggiorno di uno straniero in terra straniera è simile a una casa costruita nell'aria.
<Il vento soffia e la casa crolla. Sarebbe stato meglio allora non costruire nulla! '
<C'è una carovana che parte domani per il Cairo ed io vorrei unirmi ad essa. > Allora il capitano Ahmed mi regalò una mula e cento dinàr e mi disse: < Vorrei, o sceicco, affidarti un incarico di fiducia. Conosci molta gente al Cairo>? > < Conosco tutte le persone generose che vi abitano. > < Bene, prendi questa lettera e consegnala nelle mani del mio vecchio amico Ali Argentovivo e digli da parte mia: 'Il tuo capo ti manda saluti e auguri! Ora è con il califfo Harùn ar-Rashìd! ' Così io presi la lettera, baciai la mano del capitano Ahmed e lasciai Bagdad per il Cairo, dove sono arrivato da pochi giorni. La prima cosa che ho fatto è stata quella di andare a trovare i miei creditori e di soddisfarli con il denaro guadagnato grazie alla generosità di Ahmed ed-Danif. Poi ho preso il mio otre e le mie tazze e ho ricominciato ad andare in giro a vendere acqua e nello stesso tempo a cercare questo Ali Argentovivo. Ma per quanto abbia fatto, finora non sono riuscito a trovarlo! Questo, signore mio, è l'incontro che io ho avuto con il più generoso dei miei clienti! " Allora Ali si alzò in piedi e disse: " 0 sceicco, tranquillizzati! L'uomo senza dubbio più generoso di me, il solo più generoso di me che tu hai incontrato a Bagdad, è il mio capo! Infatti, io sono proprio quell'Alì Argentovivo che tu cerchi! Perciò rallegrati, dammi la lettera e mettiti il cuore in pace! ". Allora l'acquaiolo gli consegnò la lettera nella quale Ali lesse quanto segue:
" Dal capitano Ahmed saluti al più famoso e al primo dei suoi ragazzi, Ali Argentovivo!
" Ti scrivo, ornamento del nostro tempo, per farti sapere che attualmente sono a capo di quaranta guardie, insieme con il mio luogotenente Alì Schiena di Cammello, e tutti, come me e come te, sono ex mariuoli, autori di imprese famose. Il califfo Harùn ar-Rashìd, nostro signore, mi ha nominato capo della polizia della parte destra della città e mi ha fissato mille dinàr al mese di stipendio; in più ho delle entrate straordinarie e tutti i regali di quelli che vogliono ottenere qualche favore.
Se dunque, carissimo, vuoi mettere a frutto il tuo talento e avviarti sulla strada della ricchezza e degli onori, non devi fare altro che venire a Bagdad. Se compirai qui qualche impresa degna di essere rammentata, ti prometto di farti ottenere i favori del califfo. Ti aspetto dunque, ragazzo mio, e che la pace di Allàh e le sue benedizioni siano su di te! "
Quando Alì ebbe letto il messaggio, lo baciò e se lo pose sul capo in segno di rispetto, quindi diede all'acquaiolo una generosa mancia. Recatosi poi nel luogo dove era raccolta la sua banda, annunciò l'intenzione di andare a Bagdad concludendo: " Ragazzi miei, vi raccomando gli uni agli altri! " Allora il suo luogotenente gli disse: " Ma come, signore, te ne vai proprio adesso che le casse sono vuote? E noi come faremo senza di te? " " Il mio destino è a Bagdad! " rispose Alì. " Ma non temete nulla, perchè appena arrivato vi manderò qualcosa per sovvenire ai vostri bisogni. " Ciò detto, prese tutte le sue cose e partì. Appena fuori del Cairo vide una carovana diretta a Damasco e chiese al capo carovana di prenderlo con sé. Questo capo della carovana era un siriano, e poichè Alì era un bel giovane ancora imberbe e di splendide fattezze, il siriano fu lieto di accoglierlo ripromettendosi, una notte o l'altra, di trarre qualche piacere da quel bel giovane. La cosa tuttavia non gli riuscì, ma egli non ebbe a pentirsi di aver preso con sé Alì perché questi durante il viaggio riuscì a liberare la carovana da un ferocissimo leone e da un predone beduino. Anzi, quando arrivarono a Damasco, il siriano regalò ad Alì, pur rammaricandosi di non averlo goduto, una borsa contenente mille dinàr d'oro. Alì affidò la borsa a un mercante che tornava al Cairo raccomandandogli di consegnarla ai ragazzi della sua banda, dopo di che riprese la strada e arrivò felicemente a Bagdad.
Quando fu entrato in città, cominciò a domandare dove fosse la dimora del capitano Ahmed ed-Danif, ma nessuno seppe o volle indicargliela, tanto era il timore che quel nome ispirava. Giunse così su una piazza chiamata an-Nafd, dove vide dei ragazzi che giocavano. Allora pensò: " 0 Alì, le notizie delle persone si chiedono ai loro figli! " E, scorto un venditore di dolciumi, comprò un grosso torrone di sesamo e zucchero e chiamò i ragazzi. Uno di questi, che si chiamava Ahmed il Bastardo ed era nipote di Dalila la Volpe, scacciò i compagni e si fece avanti chiedendo ad Alì: " Che cosa vuoi? " " Chi di voi vuole un pezzo di torrone? " chiese Alì. " Dallo a me! " fece Ahmed il Bastardo. Alì gli diede il torrone e il ragazzo vide che sotto c'era attaccata una*, moneta da un dInàr. Allora si mise a gridare: " Vattene! Vattene! Io non faccio porcherie con gli uomini! Chiedilo a chi vuoi! " Alì scoppiò a ridere e gli disse: "Figlio mio, da te voglio solo una informazione. Puoi indicarmi dove si trovi la dimora del capitano Ahmed ed-Danif? " " Se è solo questo che vuoi, " rispose Ahmed il Bastardo, " vienimi dietro e quando vedrai che tirerò un sasso contro una porta vuol dire che quella è la dimora di Ahmed ed-Danif. " Ciò detto il ragazzo si mise a correre e Alì gli corse dietro, fino a che quello lanciò un sasso contro una porta e Alì conobbe che quella era la dimora di Ahmed ed-Danif. Ammirato per la prudenza e la scaltrezza del ragazzo, Alì gli disse: " Se Allàh vuole che un giorno io diventi capitano delle guardie, sceglierò te per primo! " Poi si voltò e bussò alla porta.
Quando Ahmed ed-Danif sentì bussare alla porta in quel modo, balzò in piedi pieno di contentezza e gridò al suo luogotenente: " Schiena di Cammello, corri ad aprire la porta, perché colui che bussa in questo modo non può essere altri che il mio amico del Cairo, Alì Argentovivo. " Così la porta venne aperta, e Alì e Ahmed ed-Danif si baciarono e si abbracciarono e dopo molti saluti ed effusioni Ahmed ed-Danif disse: " Che tu sia il benvenuto a Bagdad, Ali Argentovivo! Quando il califfo mi ha nominato capitano delle guardie, mi ha dato degli abiti per rivestire i miei uomini e io ne ho messo da parte uno per te. Indossalo e poi mangeremo e staremo in allegria! "
Dopo che ebbero mangiato e bevuto, Ahmed ed-Danif disse ad Alì: " Ragazzo mio, ti consiglio di non andare in giro per Bagdad, ma di rimanere qui in casa mia. Sappi che Bagdad non è come il Cairo. Questa è la capitale del califfato e qui ladri, imbroglioni e truffatoti pullulano come le fon-niche. Non vorrei perciò che ti capitasse qualche incon-
veniente. " " Ma come, " fece Alì, " sono forse venuto a Bagdad per restarmene chiuso fra quattro mura? Voglio invece andare in giro a respirare un po' d'aria e a conoscere la città! " Ciò detto, prese congedo da Ahmed ed-Danif, si alzò e uscì, andandosene a zonzo da una strada all'altra, fino a che si imbatté in un corteo di quaranta negri vestiti di seta rossa con in capo un berretto bianco e alla cintola pugnali d'acciaio; e dietro ad essi, montata su una mula riccamente bardata, con indosso una cotta di maglia d'acciaio e in testa un cimiero pure d'acciaio, veniva Dalila la Volpe, che in quel momento stava per l'appunto tornando dal Divano al palazzo dei piccioni. Dalila vide quel bel giovane, ch'essa non conosceva, notò che era ben vestito e aveva un'aria spavalda, e soprattutto che il suo sguardo somigliava a quello di Ahmed ed-Danif, il suo nemico. Ordinò allora a uno schiavo negro d'informarsi dai mercanti del suk circa quello straniero, ma nessuno seppe dare alcuna notizia; così, appena fu giunta al palazzo dei piccioni, chiamò la figlia Zainab e le disse: " Figlia mia, oggi ho incontrato nel suk un bel giovane sul cui viso si leggeva il coraggio; ma quel che più mi ha colpito è stata la somiglianza del suo sguardo con quello di Ahmed ed-Dánif. Mi sono informata sul suo conto, ma nessuno ha saputo dirmi niente, perciò temo che sia uno straniero fatto venire in questa città da Ahmed ed-Danif per giocarci qualche brutto tiro.
Per questo voglio consultare le mie tavole divinatorie. " Quando la figlia le ebbe portato tutto l'occorrente, Dalila pronunciò le formule di rito, lesse nelle tavole e poi esclamò: " Figlia mia, quel giovane si chiama Alì Argentovivo ed è amico del nostro nemico, Ahmed ed-Danif, il quale lo ha fatto venire a Bagdad per giocarci qualche brutto tiro e vendicarsi di quando tu hai spogliato degli abiti lui e i suoi uomini. " " E ti vuoi preoccupare per questo giovincello? " disse Zainab. " Il fatto è, figlia mia, " proseguì Dalila, " che nelle mie tavole ho letto che la fortuna di questo giovanotto è superiore alla mia e alla tua! " " Questo lo vedremo, madre mia! " disse Zainab. E ciò detto indossò il suo più bel vestito, si tinse gli occhi con il kuhl, si unse le sopracciglia con olio profumato e uscì per cercare d'incontrare Alì Argentovivo.
E così si mise a passeggiare lentamente per le strade di
Bagdad, ondeggiando le anche, girando gli occhi di qua e di là e lanciando da sotto il velo sguardi assassini, che distruggevano i cuori e smuovevano le viscere, fino a che in un suk scorse Alì Argentovivo che le veniva incontro. Lo sfiorò con una spalla e lanciandogli uno sguardo che avrebbe fatto uscire di senno un eremita gli disse: " Allàh benedica coloro che hanno occhi per vedere! " Alì, cui non era sfuggito l'ondeggiamento delle anche e lo sguardo carico di promesse, le rispose: " Come sei carina! A chi appartieni? " " A uno sfacciato come te! "
" Sei maritata o vergine? " " Sono maritata. " " E allora che si fa? " disse Alì. " Vengo io da te
o vieni tu da me? " " lo, " rispose Zainab, " sono figlia di un mercante e mio marito, che fa anch'egli il mercante, è partito oggi e starà via una settimana. Così ho ordinato alla mia serva di prepararmi del cibo per consolarmi, ma poi non ho avuto voglia di mangiare da sola, perché i cibi più squisiti non hanno sapore se non sono gustati in compagnia. E poiché non ero mai uscita da casa, ho pensato di distrarmi e di andare un poco a passeggio. Ed ecco che ho visto te e l'amore mi è entrato nel cuore. Ti degnerai di venire a mangiare da me e di -consolare il mio cuore " " Quando si è invitati non si può rifiutare! " rispose Alì. Così Zainab si avviò e Alì le tenne dietro a una certa distanza.
Ma, mentre camminavano, Alì cominciò a pensare: " 0 Alì, che imprudenza commetti! Tu sei uno straniero appena arrivato in una città che non conosci! Comportandoti così ti esponi all'ira di un marito, che potrebbe anche prenderti e farti castrare. Ricorda che cosa dice il saggio: < Allàh delude chi vuol commettere adulterio in paese straniero! > " Allora Alì si avvicinò alla donna e le disse: " Prendi questo dinàr e rimandiamo a un altro giorno il nostro incontro. " " Questo non sarà mai! Bisogna assolutamente che oggi tu sia mio ospite, perché mai come oggi io mi sono sentita disposta a fare ciò che la capra fa col caprone! " E ciò detto sollevò leggermente il velo e scoccò ad Alì un'occhiata che gli fece rimescolare tutte le viscere. Giunsero in tal modo alla casa della donna e costei introdusse Alì in un salone dove erano stesi dei tappeti e preparati dei cibi. E quando la fanciulla si fu tolto il velo, Alì volle baciarla, ma ella gli disse: " Il godimento è completo solo di notte! "
Si misero allora a mangiare e a bere intercalando il pasto con scherzi e risate; ma ogni volta che Alì si avvicinava per toccarla o abbracciarla Zainab si ritraeva impedendogli di fare alcunché.
Quando ebbero finito di mangiare, Zainab andò a tirar su l'acqua dal pozzo per lavarsi le mani e, mentre manovrava la fune, ecco che cominciò a gridare e a battersi il petto. " Che cosa ti accade? " chiese Ali. " Ahimè, il mio anello di rubini è caduto in fondo al pozzo! Mio marito l'aveva comperato ieri per cinquecento dinàr, e poiché mi stava largo avevo messo un po' di cera intorno al dito, ma la cera deve essersi sciolta e l'anello è caduto nel pozzo! Ti prego, voltati, affinché io possa spogliarmi e calarmi nel pozzo per cercarlo. " " Non sia mai detto che io tolleri questo! " fece Ali. " Scenderò io stesso nel pozzo e ti riporterò l'anello! " Ciò detto si spogliò di tutti i suoi abiti, si afferrò alla corda e si calò nel pozzo, fino a che toccò il fondo, dove l'acqua gli giungeva alle spalle. Mentre era là nel buio, immerso nell'acqua fredda, Zainab tirò su la corda, si sporse dal parapetto del pozzo e gli gridò: " E adesso chiama in tuo aiuto Ahmed ed-Danif! " Dopo di che, prese tutti gli abiti di Ali e se ne andò a casa sua.
Ora, bisogna sapere che la casa nella quale la ragazza aveva portato Ali apparteneva al capitano Hasan Shumàn, il quale si trovava in quel momento di servizio presso il califfo. Quando il capitano Hasan tornò a casa, si meravigliò di trovare la porta aperta, ma poiché in casa non vide nessuno pensò che un servo si fosse dimenticato di mettere il lucchetto. " Tira su dell'acqua dal pozzo perché voglio farmi le abluzioni! " disse allo schiavo che lo accompagnava. Questi andò al pozzo, calò la secchia, ma nel tirarla su constatò che era pesantissima. Allora si affacciò al pozzo e, vedendo sul fondo una forma che. si agitava, pensò che fosse uno spirito maligno, per cui, pieno di terrore, si precipitò dal padrone gridando: " Signore, signore! Nel pozzo c'è uno spirito maligno! " " Va' a chiamare quattro lettori del Corano, " gli disse Hasan, " affinché vengano a esorcizzare il pozzo. " E quando i quattro lettori del Corano furono arrivati disse loro: " Mettetevi intorno al pozzo e leggete il Corano, affinché questo spirito maligno se ne vada. " E mentre quelli intorno al pozzo leggevano il Corano, lo
schiavo tirava di nuovo su la secchia alla quale era appeso Alì. Quando la secchia fu arrivata all'orlo del pozzo, Alì balzò fuori e tutti si misero a fuggire gridando: " Lo spirito maligno! Lo spirito maligno! " Ma il capitano Hasan, vedendo che non si trattava di uno spirito ma di un bel giovanotto, gli disse: " Sei forse un ladro? " " No, " rispose Alì. " E allora che cosa facevi nel mio pozzo? " " Sappi che mentre dormivo ho avuto una polluzione, per cui, risvegliatomi, sono andato a bagnarmi nel Tigri; ma qui un mulinello mi ha trascinato verso il fondo e, attraverso i canali sotterranei, sono arrivato fino al tuo pozzo. " " Farai meglio a non raccontarmi frottole e a dirmi la verità! " ribatté il capitano Hasan.
Allora Alì gli raccontò per filo e per segno chi era e tutto quello che gli era capitato. Così Hasan gli diede un abito e lo accompagnò alla caserma di Ahmed ed-Danif, dove questi, quando ebbe saputo ogni cosa di quell'avventura, gli disse: " Non ti avevo detto di guardarti dalla gente di Bagdad? " E Alì Schiena di Cammello aggiunse: " Per Allàh, come può essere che tu sia stato capo di una banda al Cairo se appena arrivato a Bagdad ti lasci spogliare da una ragazzina? " Queste parole dispiacquero ad Alì, il quale si pentì di essere uscito. Allora Hasan Shumàn gli disse: " Sai chi era quella ragazza? " " No. " " Ebbene, sappi che costei non è sposata ma è vergine, e si chiama Zainab la Furba, e non è affatto figlia di un mercante ma è figlia di Dalila la Volpe, che è la custode dei piccioni del califfo. E sappi che quelle due donne insieme sarebbero capaci di mettere nel sacco tutta Bagdad! E ora, che cosa conti di fare? " " Voglio sposarla perchè mi sono innamorato di lei'! " esclamò Alì. " Non ci riuscirai mai! " fece il capitano Ahmed ed-Danif. " Tu che la conosci, o Hasan, " chiese Alì, " sai insegnarmi qualche astuzia che mi permetta di arrivare al mio scopo? " '" Se è questo che vuoi, " fece Shumàn, " ti aiuterò volentieri. Ma tu ora spogliati completamente nudo. " E mentre Alì si spogliava, Hasan preparò in una caldaia una mistura con la quale unse Argentovivo rendendolo simile a un negro. Quando ebbe terminato la sua opera gli disse: " Sappi che nel palazzo dei piccioni c'è uno schiavo negro che si occupa della cucina e ogni giorno si reca al mercato a comprare carne e verdura per dare da mangiare ai quaranta schiavi, ai cani; a Dalila e a sua figlia. Orbene, tu cerca di attaccare discorso con lui al mercato, parlando come fanno gli schiavi fra di loro, e poi invitalo in una bettola a mangiare uno spiedino di agnello e a bere birra. Quando si sarà ubriacato, interrogalo e chiedigli quante pietanze cucina ogni giorno, quello che dà da mangiare ai cani, quello che dà da mangiare a Dalila e alla figlia, e chiedigli dov'è la cucina e dov'è la dispensa, e insomma cerca di sapere più cose possibili. Quello ti dà tutto, perchè l'uomo ubriaco rivela ciò che nasconde quando è sobrio. Dopo che avrai saputo ogni cosa, narcotizzalo col giusquiamo, indossa i suoi abiti, prendi la sporta della spesa e torna al palazzo dei piccioni, dove preparerai il pranzo per tutti e lo scodellerai, avendo cura di mettere in ogni pietanza un pezzetto di giusquiamo affinchè tutti, schiavi, cani ed anche Dalila e la figlia, non appena avranno toccato quel cibo, cadano addormentati. Allora tu ti impadronirai degli abiti di tutti e, se vuoi davvero sposare Zainab, farai bene a prendere anche i quaranta piccioni viaggiatori. " " Ascolto e obbedisco! " disse Alì, e senza aggiungere parola uscì in cerca del cuoco negro; e quando lo ebbe trovato fece a, puntino tutto quanto gli aveva detto Hasan Shumàn, ma quando arrivò al palazzo dei piccioni trovò Dalila la Volpe seduta sulla porta che controllava tutti quelli che uscivano ed entravano. Quando lo vide, Dalila la Volpe si insospettì e cominciò a gridare: " Via di qui, mariuolo! Sei venuto per combinarmi qualche diavoleria? " Alì Argentovivo si voltò verso di lei e le disse: " Con chi ce l'hai, zia? " " Ce l'ho con te! Dov'è il cuoco? Che cosa ne hai fatto? Lo hai forse ucciso o lo hai narcotizzato? " " Quale cuoco? C'è forse un altro cuoco oltre a me? " " Tu non sei il cuoco: sei un impostore! Tu sei Alì Argentovivo il Cairino! " " 0 zia, " fece Alì " tu hai le traveggole! Forse che quelli del Cairo sono neri? " Intanto, sentendo quel baccano, erano sopraggiunti gli altri schiavi, i quali presero a domandare: " Che cosa ti succede, fratello? " E Dalila: " Costui non è vostro fratello! " " Ma certo, costui è il nostro fratello Saad Allàh, il cuoco. " E Dalila: " E io vi dico che costui non è Saad Allàh, il cuoco, ma Alì Argentovivo il Cairino che si è tinto la pelle di nero. Ed ora ve lo dimostrerò strofinandogli la pelle con questo unguento. " E ciò detto tirò fuori un flacone contenente un unguento e strofinò la pelle di Alì; ma il nero non andò via. " Avanti, signora, " dissero gli schiavi, " lascialo andare affinché ci prepari il pranzo! " Ma non per questo Dalila abbandonò i suoi sospetti. " Se egli è davvero Saad Allàh il cuoco, deve sapere che cosa vi dà da mangiare ogni giorno. Interrogatelo e vediamo che cosa risponderà! "
Così gli schiavi lo interrogarono e Alì rispose: " Ogni giorno vi cucino riso e lenticchie, cavolo e spiedini di montone, riso con miele e zafferano e chicchi di melograno. E lo stesso preparo per la cena. " " Ha detto la verità! " esclamarono gli schiavi. Ma Dalila non si diede per vinta: " Conducetelo dentro e vedete se sa dove è la cucina e la dispensa. Se lo sa, è veramente il cuoco. Se non lo sa, tagliategli la testa! "
Ora bisogna sapere che il cuoco teneva con sé un gatto il quale, ogni volta che lo vedeva tornare dalla spesa, gli saltava su una spalla. Quando il gatto vide Alì con la sporta della spesa, gli saltò su una spalla, ma Alì lo scacciò; allora il gatto andò a fermarsi davanti a una porta e Alì capi che quella doveva essere la porta della cucina. E fra le chiavi che aveva appese alla cintola ne vide una dove erano tracce di penne e capì che quella doveva essere la chiave della cucina. Così aprì la porta, depose su un tavolo la sporta della spesa e uscì.
E intanto il gatto si era andato a fermare davanti a un'altra porta e Alì capì che quella doveva essere la porta della: dispensa; e fra le chiavi che aveva alla cintola ne vide una macchiata di grasso e comprese che quella doveva essere la chiave della dispensa. E così apri la porta senza inconvenienti. Allora gli schiavi negri dissero a Dalila: " Se costui fosse estraneo a questa casa, non avrebbe saputo trovare la porta della cucina e quella della dispensa,. e meno che mai avrebbe saputo quali chiavi aprivano le due porte. " " Può essere stato il gatto, " riprese Dalila, " a guidarlo fino alla porta della cucina e a quella della dispensa, e forse sulle chiavi ha notato dei segni che lo hanno aiutato a capire. Io vi dico che questa faccenda non mi va giù! " Comunque sia, Alì andò in cucina, preparò il pranzo, vi mise dentro del narcotico e lo servì agli schiavi negri, a Dalila e alla figlia Zainab. Poi, quando tutti, dopo aver mangiato, caddero narcotizzati, preparò il pasto per i cani e vi mise del veleno, così che i cani lo mangiarono e morirono. Fatto questo, si impossessò di tutti gli abiti che trovò e dei piccioni viaggiatori, uscì dal palazzo e tornò difilato alla caserma di Hasan Shumàn.
Quando spuntò l'alba, Dalila si riebbe e si trovò sul petto un pezzetto di carta sul quale era scritto: " Tutto questo è opera di Alì Argentovivo, il Cairino: "
Allora Dalilá fece annusare una controdroga alla figlia Zainab e agli schiavi, ai quali raccomandò di non parlare con anima viva di quanto era accaduto.
Poi, rivolta alla figlia, disse: " Figlia mia, nonostante tutto, dobbiamo essere riconoscenti a questo Alì Argentovivo, che si è limitato a toglierci i vestiti quando avrebbe potuto causarci un male maggiore. Evidentemente con ciò egli ha voluto farci capire che non vuole essere nostro nemico. Quelli che mi preoccupano, pero, sono i piccioni del califfo, e se non riuscirò a recuperarli non so che cosa accadrà di noi! " Ciò detto si alzò e si recò direttamente alla caserma di Hasan Shumàn.
Intanto Hasan Shumàn, dopo che Alì Argentovivo era tornato con gli abiti e i piccioni viaggiatori, aveva'fatto comperare al mercato quaranta piccioni, li aveva fatti arrostire e aveva ordinato che fossero serviti a pranzo. Così, quando Dalila arrivò alla caserma e fu introdotta alla presenza di Hasan Shumàn, questi si levò in piedi e le disse: " Che tu sia la benvenuta, Dalila. Siediti e mangia con noi di questi piccioni: c'è rimasta ancora la parte tua! " Dalila, vedendo i piccioni arrostiti, si senti calare un velo nero davanti agli occhi e gridò: " Che cosa avete fatto, sciagurati? Avete rubato e arrostito quei piccioni che il califfo ha più cari,dei
propri figli! " Allora Hasan Shumàn ridendo sotto i baffi disse: quot; Quando ho dato ordine di cucinare questi piccioni, non sapevo che fossero viaggiatori: comunque, sia, mangia questo, è la parte che ti spetta! " Allora Dalila prese un pezzo di piccione, lo masticò e subito si senti sollevata: " Per Allàh! " esclamò. " I miei piccioni sono ancora sani e salvi! Infatti io li nutro con grano e muschio, ma in questa carne il sapore del muschio non si sente! " A queste parole di Daiila tutti si misero a ridere e Hasan Shumàn le disse: " 0 madre della scaltrezza, i tuoi piccioni sono al sicuro presso di me, e io sono disposto a renderteli, ma a una condizione. " " Parla, o Hasan! Acconsento in anticipo a tutte le condizioni! " " lo voglio che tu soddisfi il desiderio di Alì Argentovivo il Cairino, che è il primo dei nostri ragazzi! " " E qual è il suo desiderio? " " Sposare tua figlia Zainab! " " Ti giuro, o Hasan, " rispose DaIila, " che questo è un grande onore per me e per mia figlia, ma prima di discutere la faccenda comincia col restituirmi i miei piccioni. " Allora Hasan Shumàn diede ordine che le venisse portata la gabbia con i piccioni, e quando questo fu fatto Dalila disse: " Poiché è impossibile che la cosa si faccia contro la volontà di mia figlia, io ti prometto che le parlerò, in favore di questo matrimonio. Ma ciò non basta: bisogna che Alì chieda il consenso, dello zio, mio fratello Zuraiq, il mercante di pesce fritto, perché, essendo il tutore di mia figlia, lui solo può darla in sposa. "
Quando Dalila fu uscita, Alì chiese ad Hasan Shumàn: " Dimmi dunque chi è questo Zuraiq e dove si trova la sua bottega, acciocché io vada immediatamente a chiedergli in sposa la nipote. " " Figlio mio, " gli rispose Hasan Shumàn, " se tu pensi di ottenere la bella Zainab da quel gaglioffo di Zuraiq, puoi farci una croce sopra. Sappi infatti, o Alì, che questo Zuraiq, che fa il mercante di pesce fritto, è stato un tempo il principale capobanda di tutto l'Iraq e le sue imprese sono superiori alle mie, a quelle di Ahmed ed-Danif e alle tue. E' così scaltro e pieno di risorse che sarebbe capace, senza muovere un dito, di bucare una montagna, di portar via le stelle dal cielo, di rubare il kuhl dagli occhi di una donna. Nessuno di noi può stargli a pari per quello che riguarda scaltrezza e malizia.
E anche se oggi fa il pacifico cittadino e vende pesce fritto, è rimasto sempre l'uomo d'un tempo. Per darti un'idea della sua scaltrezza, ti dirò il trucco che ha escogitato allo scopo di attirare i clienti. Ha attaccato sulla porta della bottega una borsa contenente mille dinàr e ha fatto annunciare a tutti i mariuoli di Bagdad e in tutti i suk della città che chiunque riuscirà a portargli via quella borsa ne diventerà il legittimo proprietario. Puoi immaginare se la gente, attirata da questo miraggio, non ha cominciato ad affollare la bottega di Zuraiq, così che i suoi affari come friggitore vanno a gonfie vele. Tuttavia nessuno fino ad oggi è riuscito a rubare quella borsa, in quanto egli, per mezzo di corde e spaghi, l'ha collegata con una serie di campanelli, e il congegno è così delicato e perfetto che basta anche solo sfiorare la borsa perché i campanelli si mettano a suonare con un fracasso infernale. Allora Zuraiq, anche se si trova in fondo alla bottega, capisce quello che succede e senza bisogno di fare un passo afferra un grosso pezzo di piombo che ha sempre a portata di mano e lo scaglia sull'audace malcapitato, rompendogli una spalla, una gamba o addirittura fracassandogli il cranio. Perciò, o Alì, ti consiglio di non pensare più a questa faccenda, se non vuoi rassomigliare a quelli che vanno dietro a un funerale senza nemmeno sapere chi è il morto. Tu non puoi lottare con un farabutto della sua taglia, e perciò ti conviene dimenticare Zainab! " Quando Alì Argentovivo ebbe ascoltato i prudenti consigli di Hasan Shumàn esclamò: " No, per Allàh, non dimenticherò mai quella fanciulla dagli occhi carichi d'ombra! Sarebbe per me un disonore! Perciò tenterò di rubare la borsa a Zuraiq in modo da costringerlo a dare il suo consenso: la fanciulla contro la borsa! " Ciò detto, andò a comprare abiti da donna, li indossò e si tinse gli occhi con il kuhl e le unghie con l'hennè. Ma questo non fu tutto. Con il sangue di un montone sgozzato riempì una vescica che si legò sul ventre in modo da parere una donna incinta; riempì di latte i gozzi di due uccelli e se li pose sul petto in modo che sembrassero i seni di una donna sul punto di partorire; infine, si legò degli asciugamani intorno al sedere e uscì ondeggiando sulle anche come fanno le donne, sì che per la strada tutti gli uomini si voltavano esclamando: " Per Allàh, che bel culo! "
Strada facendo, Alì vide un asinaio, lo chiamò, gli diede un dinàr e si fece condurre in groppa all'asino. Arrivò così davanti alla bottega di Zuraiq e vide la borsa sospesa sulla porta e vide anche Zuraiq, intento a friggere i pesci, che con un occhio sorvegliava la frittura e con l'altro non perdeva dì vista la borsa. Quando ebbe veduto tutto questo, Alì cominciò a gridare all'asinaio: " Ho sentito odore di pesce fritto! Per l'amore di Allàh, asinaio, corri in quella bottega e fatti dare un po' di pesce fritto, altrimenti sento che abortirò sulla strada! "
L'asinaio si precipitò da Zuraiq e gli disse: " Presto, dammi un po' di pesce fritto per quella donna incinta. Il figlio che ha nel ventre ha sentito odore di frittura e ha cominciato ad agitarsi e se lei non mangia subito del pesce fritto sicuramente abortirà! " " Bisogna aspettare, " rispose Zuraiq, " i pesci non sono ancora cotti. " " Dammene di quelli che sono in mostra! " fece l'asinaio. "Quelli non li vendo! " rispose Zuraiq e continuò a badare alla sua frittura. A questo punto Alì, che era sceso dall'asino e si era appoggiato allo stipite della bottega, cominciò a stringersi il ventre fra le mani e a gridare: " Ahi! ahi! Ohi! ohi! Mi si è rotto il ventre! Ah, il frutto delle mie viscere! Ah, la mia creatura! " E il sangue cominciò a sgorgargli da sotto le vesti inondando tutta la bottega, così che mentre l'asinaio gridava: " Ecco, friggitore del malanno, che ti avevo detto? Sei tu che l'hai fatta abortire e dovrai renderne conto davanti ad Allàh e al marito! " Zuraiq, sbigottito da tutto quel sangue, faceva un balzo verso il fondo della bottega per non esserne lordato. Allora Alì, vedendo che Zuraiq aveva perduto di vista per un istante la borsa. fece per afferrarla, ma non l'aveva nemmeno sfiorata che si scatenò un frastuono di campanelli. Zuraiq vide allora la mano tesa di Alì, capì il tiro che volevano giocargli e afferrato un pezzo di piombo lo scagliò con tanta violenza che Alì andò a rotolare in mezzo alla strada e se non mori fu proprio perchè era tanto imbottito sotto le vesti.
Visto andare a monte il suo tentativo, Alì, mentre la gente accorreva da ogni parte, approfittò della confusione per svignarsela e tornare a casa.
Quivi giunto raccontò ad Hasan Shumàn e ad Ahmed edDanif quello che gli era capitato e, nonostante questi lo sconsigliassero dal proseguire in una impresa disperata, si travestì da palafreniere, prese un piatto vuoto e cinque dirham, tornò alla bottega di Zuraiq e chiese del pesce. Ma quando Zuraiq volle dargli il pesce che era in mostra gli disse: " Voglio pesce caldo! " " Bisognerà che lo frigga, " disse Zuraiq, e andò nel retrobottega per prendere la legna e accendere il fuoco. Quando Alì vide che Zuraiq era andato nel retrobottega, allungò la mano per prendere la borsa, ma l'aveva appena sfiorata che i campanelli ricominciarono a suonare e subito Zuraiq, che stava nel retrobottega, afferrò un pezzo di piombo e lo scagliò con violenza addosso ad Alì gridando: " Brutto fottuto! E' la seconda volta che ci provi. Ma io t'ho riconosciuto, anche se ti sei travestito da palafreniere! " Dal canto suo, Alì, ammaestrato dall'espelienza già fatta, chinò fulmineamente la testa e riuscì a schivare il colpo, così che il pezzo di piombo volò in mezzo alla. strada andando a cadere su un grosso orcio di latte cagliato che uno schiavo portava sulla testa. L'orcio si ruppe
e il latte cagliato inondò la faccia, la barba, il turbante e le vesti del cadì che si trovava a passare giusto in quel momento. Allora cominciò ad arrivare gente da ogni parte e tutti gridavano al friggitore: " 0 Zuraiq, quella borsa finirà per costarti cara! Questa volta il cadi ti farà pagare gli interessi e il capitale! " Approfittando della confusione, Alì scappò a casa e tanto era l'amore che portava a Zainab che subito si preparò per fare un terzo tentativo. Travestitosi da incantatore di serpenti, tornò davanti alla bottega di Zuraiq, si sedette per terra e cominciò a suonare il piffero. Poi, afferrato un grosso serpente dalla lingua puntuta come un dardo, lo scagliò in mezzo alla bottega. Zuraiq, che aveva una grande paura dei serpenti, scappò verso il retrobottega e Alì stese la mano per afferrare la borsa, ma subito i campanelli cominciarono a tintinnare e Zuraiq, che nonostante la paura del serpente non aveva smesso di tener d'occhio il falso incantatore, afferrò contemporaneamente due grossi pezzi di piombo e, mentre con una mano ne scagliava uno sulla testa del serpente, con l'altra mano gettava il secondo pezzo di piombo addosso ad Alì. Questi riuscì a schivare il colpo e il pezzo di piombo volò in mezzo alla strada, dove colpì una vecchia che passava, rovesciandola a terra priva di sensi. Allora la gente cominciò ad accorrere verso la bottega di Zuraiq e Alì approfittò della confusione per tornarsene a casa.
In quella giornata Alì giocò sette tiri a Zuraiq, ma non riuscì a impossessarsi della borsa. Quando il giorno volse al tramonto, Alì tornò verso la bottega di Zuraiq e si nascose per spiare quello che il friggitore avrebbe fatto della borsa. Zuraiq spense il fuoco, pulì la padella, scopò la bottega e poi si disse: " Se lascio qui la borsa, quel maledetto farà un buco nel muro e se la porterà via. Sarà meglio che la prenda con me e la nasconda in casa. " Ciò detto tirò giù la borsa, se la ripose in seno e se ne andò a casa.
Ora bisogna sapere che questo Zuraiq aveva per moglie una schiava negra liberata dalla generosità del visir Giàafar el-Barmaki, e da questa schiava aveva avuto un figlio che doveva ancora essere circonciso. Quando la negra vide tornare a casa Zuraiq con la borsa, credette che il marito avesse riportato il denaro a casa per la cerimonia della circoncisione e si rallegrò. Ma Zuraiq le disse: " Non è ancora il momento, e non è per questo che ho portato a casa la borsa, ma perché oggi un tale mi ha giocato sette tiri per impossessarsene e io ho temuto che, lasciandola in negozio, costui potesse rubarmela durante la notte. Perciò va' a scavare un buco nel pavimento della cucina, nascondi la borsa e poi torna subito qui perché ho voglia di fare con te la solita cosa. " La donna fece quello che le era stato ordinato e tornò a sdraiarsi accanto a Zuraiq e, poiché era negra e molto avida, gustò più e più volte l'arnese del marito fino a che entrambi caddero spossati e si addormentarono come macigni.
Nel frattempo Alì Argentovivo non aveva perduto d'occhio Zuraiq, ma lo aveva pedinato come un'ombra fino a casa e poi, arrampicatosi su un terrazzo vicino, aveva visto tutto quello che era accaduto. Quando fu ben certo che Zuraiq e la negra dormissero i sette sonni, si lasciò scivolare lungo il muro senza far rumore, penetrò nella cucina, tolse la borsa dal buco e se la svignò. Senonché proprio in quel punto Zuraiq ebbe un sogno premonitore e si svegliò di soprassalto gridando alla moglie: " Corri in cucina a vedere se la borsa c'è ancora! " Quella andò in cucina e trovò il buco vuoto. Allora Zuraiq esclamò: " Questa è opera di quel maledetto Cairino! " Ciò detto uscì di corsa e, facendo certe scorciatoie che conosceva lui, arrivò alla dimora di Hasan Shumàn prima di Alì. Con un grimaldello aprì la porta, poi la richiuse e rimase ad aspettare. Di lì a poco eccoti arrivare Alì che bussò, e di dentro Zuraiq, imitando la voce di Hasan Shumàn, gli chiese: " Sei tu, Alì? " " Sì. " " Hai preso la borsa? " " Sì. " " Allora passamela dal finestrino prima di entrare, perché ho fatto con Ahmed ed-Danif una scommessa di cui ti dirò dopo. "
Alì, senza pensare a un inganno, passò la borsa attraverso lo sportellino; Zuraiq l'afferrò e uscì dalla casa scavalcando un muro.
Intanto Alì, vedendo che nessuno gli apriva, cominciò a bussare più forte, fino a che Hasan Shuman senti e ordinò di aprire la porta, e quando Alì fu entrato gli chiese: " E allora? Hai portato la borsa? " " Che scherzi sono questi, o Shumàn? " replicò Alì. " Non te l'ho forse passata un minuto fa attraverso lo sportellino? " " Io non so niente di borse e di sportellini! " esclamò Hasan Shumàn. " Ma questo è sicuramente un tiro che ti ha giocato quel cinghiale di Zuraiq! " Come ebbe sentito queste parole, Alì uscì di nuovo e correndo più presto che poteva tornò alla casa di Zuraiq prima che ci arrivasse costui. Salì di nuovo sulla terrazza del vicino e calandosi lungo il muro senza far rumore penetrò nell'abitazione. Quivi giunto, narcotizzò la negra che dormiva, si mise in capo il velo di costei e rimase ad aspettare. Di lì a poco, ecco che fu bussato alla porta. Alì si affacciò a un finestrino e ' imitando la voce della negra, chiese: " Chi è che bussa a quest'ora? " E di sotto Zuraiq rispose: " Sono io, Zuraiq tuo marito. " " Con questo buio, " rispose Alì, " non si vede nulla e io non apro la porta se non sono sicura che lì fuori c'è Zuraiq mio marito. " " Cala il paniere, " fece Zuraiq, " e io ci metterò dentro la borsa che ho ripreso ad Alì, così mi riconoscerai. " Allora Alì calò il paniere e lo tirò su con la borsa del denaro, che si nascose in seno, e, dopo aver preso in braccio il figlioletto di Zuraiq che dormiva, uscì per la stessa strada da cui era venuto e arrivò sano e salvo da Hasan Shumàn che si complimentò con lui.
Intanto, Zuraiq era rimasto ad aspettare per la strada e, vedendo che la donna non scendeva ad aprire, ricominciò a bussare con forza, fino a che la negra si svegliò e si affacciò alla finestra gridando: " Chi è che bussa in questo modo? "
" Femmina maledetta, " gridò infuriato Zuraiq, " vuoi aprirmi la porta, sì o no? " La negra, riconoscendo la voce del marito, corse alla porta e lo fece entrare, e quando lo vide gli chiese: " Hai portato la borsa? " " Che domande fai, o donna? " esclamò Zuraiq. " Non l'hai forse tirata su con il paniere? " " Io non so nulla nè di borse nè di panieri! " rispose la negra.
Allora Zuralq cominciò a cercare per tutta la casa e constatò che non solo era sparita la borsa, ma era sparito anche il figlio. Zuraiq si battè allora più volte il petto, invocò il nome di Allàh, quindi prese il fazzoletto della pace e si recò di corsa da Hasan Shumàn il quale gli disse: " Sei venuto per la tua borsa, o Zuraiq? " " Della borsa non mi importa; e comunque questo Ali è riuscito a prendermela e perciò la borsa è sua. No, sono venuto per riavere mio figlio. " " Riavrai, " gli fece Hasan Shumàìì, " la borsa e il figlio se acconsentirai a far sposare tua nipote Zainab con il mio amico Alì Argentovivo il Cairino. "
" Prima rivoglio il figlio e la borsa, " fece Zuraiq. Hasan Shumàn ordinò che gli fossero restituiti borsa e figlio, quindi gli chiese di nuovo: " E allora, acconsenti? " " Per quello che mi riguarda, " rispose Zuraiq, " non faccio alcuna difficoltà, anzi sono contento della cosa. C'è però una condizione. " " E qual è questa condizione? " chiese Ali. " Mia nipote sposerà solo chi sarà in grado di farle i regali di nozze che lei vuole. " " E in che consistono questi regali di nozze? " fece Alì Argentovivo. " Sappi che mia nipote ha giurato di farsi sposare solo da chi le porterà il vestito ricamato d'oro di Qamar, figlia dell'ebreo Ezra, nonchè la sua corona d'oro, la cintura d'oro e la pantofola d'oro. " Allora Ali saltò su e disse: " Giuro che se domani sera non avrò portato tutte queste cose a Zainab rinuncerò a chiederla in matrimonio! " Quando Zuraiq fu uscito, Hasan Shumàn si volse ad Ali e gli disse: " 0 sventurato, che giuramento hai fatto? Tu sei un uomo morto! Non sai che l'ebreo Ezra è un famoso mago, pieno di astuzia e di malizia, ed ha ai suoi ordini schiere di spiriti maligni? Il palazzo in cui egli abita, appena fuori di città, è. visibile solo quando lui vi si trova dentro, ma sparisce non appena l'ebreo esce per recarsi a fare i suoi commerci. Sappi che tutti i più abili ladri dell'Iraq, della Persia e dell'Arabia hanno cercato di rubargli quegli oggetti preziosissimi, ma nessuno è riuscito ad ingannarlo ed egli, con le sue arti magiche, li ha trasformati chi in orso, chi in scimmia, chi in mulo. "
" Sarebbe un disonore, " esclamò Alì Argentovivo, " se io rinunciassi a Zainab per le difficoltà di questa impresa! "
L'indomani, verso sera, Ali si recò nel suk dei cambiavalute e si fece indicare la bottega dell'ebreo. Costui era intento a riporre l'oro e l'argento dentro certe bisacce che caricava poi su un mulo legato alla porta della bottega. Quando ebbe finito di riporre ogni cosa, chiuse il negozio, inforcò il mulo e se ne andò, senza accorgersi che Alì lo seguiva da lontano. Quando ebbero attraversato la città e furono usciti dalle mura, a un tratto l'ebreo si fermò, tirò fuori da un sacchetto una manciata di sabbia, la gettò in aria, ci soffiò sopra ed ecco che apparve dal nulla un meraviglioso palazzo di mattoni d'oro e d'argento, con un magnifico portico di alabastro. L'ebreo entrò e Alì rimase a riflettere sul da farsi. Dopo aver molto pensato, Alì si disse: " La cosa migliore è che io parli con questo.ebreo, gli spieghi la mia situazione e gli chieda con le buone gli oggetti che vuole Zainab. " Chiamò quindi a gran voce l'ebreo dicendogli: " Io Argentovivo, amico del capitano Hasan Shumàn e del capitano Abmed ed-Danif, desidero parlarti! " " Entra, " rispose l'ebreo. E quando Alì fu al suo cospetto gli chiese: " Che vuoi? " Alì gli raccontò tutta la sua storia concludendo: " Perciò, come vedi, io ho assolutamente bisogno di quegli oggetti, altrimenti non potrò sposare Zainab, figlia di Dalila la Volpe! " Udendo queste parole, l'ebreo scoppiò in una risataccia mettendo in mostra dei denti simili a zanne di lupo; poi afferrò le tavole geomantiche, fece un oroscopo e disse: " Se non avessi letto nell'oroscopo che la tua fortuna è superiore alla mia, ti avrei già fatto decapitare da uno degli spiriti che sono ai miei ordini. " Udendo ciò, Alì si sentì tutto imbaldanzito e, sfoderato il pugnale, lo puntò alla gola dell'ebreo gridandogli: " Dunque, se ti è cara la vita, dammi quello che ti ho chiesto e inoltre abbandona la tua eresia e convertiti alla fede musulmana! " Allora l'ebreo fece un gesto con la mano come per pronunziare l'atto di fede e disse: " Che la tua destra si secchi! " E subito la mano destra di Alì si seccò e il pugnale cadde a terra. Ma Alì lo raccolse con la mano sinistra e lo puntò di nuovo alla gola dell'ebreo, e questi subito disse: " Che la tua sinistra si secchi! " e anche la sinistra di Ari si seccò e il pugnale cadde di nuovo a terra. Allora Alì, al colmo del furore, alzò la gamba destra per tirare un calcio nel ventre dell'ebreo, ma questi disse: " 0 gamba destra, seccati! " e la gamba di Alì si seccò nella posizione in cui si trovava. Così Alì rimase in equilibrio sulla sola gamba sinistra e per quanti sforzi facesse non riuscì assolutamente a muovere le altre membra. Quando vide che si era stancato ben bene, l'ebreo gli disse: " Hai rinunciato al tuo progetto? " " Ho assolutamente bisogno di quelle cose! " rispose Alì. " Ebbene, se proprio le vuoi, " fece l'ebreo, " dovrò finire per dartele! " Prese allora un bacile pieno d'acqua, ne asperse il corpo di Alì e questi si trovò subito trasformato in somaro. Poi l'ebreo tracciò attorno ad Alì un cerchio magico e subito il giovane si trovò racchiuso in un alto recinto murato. Fatto questo l'ebreo se ne andò a dormire.
Quando fu giorno arrivò l'ebreo, pronunciò una formula magica e subito il recinto murato scomparve. Poi prese Alì, gli mise sul dorso le bisacce, lo montò e tornò in città mentre il palazzo dileguava nel nulla. Arrivato alla bottega, prese le bisacce, legò Alì vicino alla porta e si occupò degli affari suoi.
Ed ecco che si presentò un uomo, il quale entrò nella bottega e disse all'usuraio: " Io sono rovinato, bisogna che faccia qualche cosa per campare la vita. Prendi questi braccialetti d'oro, sono le ultime cose che rimangono di tutte le mie fortune. Con il loro ricavato mi comprerò un somaro e mi metterò a trasportare acqua dal fiume agli orti e ai giardini. " Allora l'ebreo Ezra gli disse: " Se l'asino ti serve per questo, in cambio dei braccialetti ti darò quell'animale che è legato lì fuori; però, a una condizione. " " E quale sarebbe? " chiese l'uomo. " Bisogna che tu non lo faccia impigrire, " rispose l'ebreo. " Mettigli addosso carichi molto pesanti e bastonalo se non lavora come si deve. " L'uomo si prese il somaro e lo portò a casa e disse alla moglie di dargli un po' di biada e dell'acqua. Ora la moglie di costui era giovane e formosa e quando camminava muoveva i fianchi in un modo che avrebbe fatto girare la testa anche a un santo derviscio.
Così, quando la donna scese nella stalla per dare al somaro biada e acqua, Alì, che pur nella nuova sembianza aveva conservato la natura dell'uomo, si avvicinò alla donna, le diede una botta col muso facendola cadere riversa e le saltò sopra sfoderando un'eredità degna di tutti i suoi antenati somari. Quando la donna vide quell'arnese asinino fu presa da paura e cominciò a gridare.
Subito accorsero i vicini i quali tirarono via l'asino, che stava già sul punto d'infilare la donna, e poi, chiamato dalle grida, arrivò anche il marito, il quale chiese alla moglie: " Che cosa succede? " Allora la moglie tutta inviperita gli sputò in faccia gridando: " Figlio d'una baldracca! Con tanti somari che ci sono a Bagdad, proprio questo ciuco libertino dovevi portarmi in casa? Ma ora stammi bene a sentire: o tu rendi l'asino a quello che te lo ha venduto ' oppure mi ripudi. " Allora l'uomo prese Alì e tornò da Ezra, al quale restituì il somaro facendosi dare indietro i braccialetti d'oro. Quando quello fu partito, l'ebreo si voltò verso Alì e gli disse: " Ah, dunque tu ti metti a saltare addosso alle donne, eh? Aspetta, e vedrai che cosa ti combinerò: farò di te lo zimbello dei grandi e dei piccoli! " Ciò detto, chiuse bottega, inforcò l'asino e uscì di città e, dopo aver recitato una formula magica, fece uscire da terra il suo palazzo. Entrati che furono, l'ebreo prese una bacinella d'acqua, ne asperse Alì e gli ordinò: " Riprendi le tue sembianze umane! " E Alì ritornò uomo. Allora l'ebreo gli disse: " Hai visto che cosa puoi patire per mano mia, o Alì? Ebbene, insisti ancora nel volere le mie cose? " " Certo, o Ezra, " rispose Alì. " Dal momento che la mia fortuna è superiore alla tua, non avrò pace fino a che non ti avrò preso quelle cose e non ti sarai convertito all'islamismo. Altrimenti dovrai morire. "
A queste parole l'ebreo diventò verde di rabbia, asperse Alì con qualche goccia d'acqua e gli ordinò: " Diventa orso! " E subito Alì si trasformò in orso; l'ebreo gli mise al collo un collare di ferro con una catena, quindi, montato sulla mula del giorno innanzi, se lo trascinò dietro ritornando in città.
Giunto a bottega legò l'orso fuori della porta e si mise a badare ai fatti suoi.
Ed ecco che dopo un po' venne a passare di lì un uomo, il quale vide l'orso ed entrato in bottega disse: " Maestro, mi venderesti quell'orso? Mia moglie è malata, e per guarirla i medici le hanno prescritto di mangiare carne d'orso e di spalmarsi con grasso d'orso. Ho girato tutta la città ma non sono riuscito a trovare nulla del genere. " " Brav'uomo, " fece Ezra, " hai intenzione di mettere quest'orso all'ingrasso o di scannarlo subito? " " Mi pare, " rispose l'uomo, " che sia già abbastanza grasso,. No, credo proprio che lo farò scannare subito. " " Allora, te lo do per niente! " L'uomo ringraziò Ezra, prese l'orso per la catena e se lo portò a casa, quindi mandò a chiamare il macellaio, il quale arrivò e si mise ad affilare i coltelli per scannare l'orso. Alì, più morto che vivo dalla paura, osservava il macellaio che si avvicinava con il coltellaccio in mano, quand'ecco che improvvisamente si sentì sollevare in alto e in men che non si dica venne depositato nel palazzo del mago. Era successo questo: che l'ebreo tornato a casa aveva raccontato ogni cosa alla figlia Qamar e questa l'aveva pregato di farle conoscere il famoso Alì Argentovivo. Allora l'ebreo aveva ordinato a uno spirito folletto di riportargli in volo l'orso. Quando Alì fu di nuovo davanti all'ebreo, questi lo asperse con l'acqua e gli ordinò: " Riprendi le tue sembianze umane. " Alì tornò quello che era stato e la figlia dell'ebreo, vedendo che era un bel giovane, subito si innamorò di lui. Così si avvicinò ad Alì e gli chiese: " E' vero che non è me che desideri, ma solo il mio vestito e le mie cose? " " Purtroppo si, " rispose Alì, " io desidero le tue cose per darle a Zainab che deve diventare mia moglie. " Udendo ciò l'ebreo si infuriò e rivolto alla figlia disse: " Lo senti? Lo scellerato non si è ancora pentito! " Poi asperse Alì con l'acqua del bacile e gli ordinò: " Diventa cane! " E subito Alì si trovò trasformato in cane, ma in un cane rognoso e bastardo, e cominciò a guaire e ad abbaiare. E allora l'ebreo lo prese a calci e lo scacciò dal palazzo. Alì allora si mise a correre e rientrò in città mentre gli altri cani gli abbaiavano dietro e i ragazzi lo prendevano a sassate. Capitò che Alì si trovò a passare davanti alla bottega di un rigattiere e questi, vedendo quel povero bastardo spelacchiato, ne ebbe compassione: uscì fuori dalla bottega e scacciò a calci i cani che abbaiavano contro Alì.
Questi entrò nella bottega e si rifugiò accanto al rigattiere. Quando arrivò la sera, il rigattiere chiuse bottega e se ne andò mentre Alì gli teneva dietro. Arrivato a casa sua l'uomo entrò, sempre seguito da Alì, ma ecco che la figlia, come vide il cane, si coprì il volto e disse al padre: " Perché, padre mio, conduci gli stranieri' in presenza di tua figlia? " " Quali stranieri? " le domandò il padre stupefatto. " lo qui non vedo stranieri, ad eccezione di questo cane. "
" E appunto questo cane, " rispose la figlia, " non è un cane ma è Alì Argentovivo il Cairino che è stato stregato dall'ebreo Ezra. " Sentendo ciò, il rigattiere si voltò verso il cane e gli chiese: " Tutto ciò è vero? " E il cane agitò la testa come per voler dire sì. Allora la figlia del rigattiere proseguì: " Se egli acconsente a sposarmi, io sono disposta a restituirgli la sua primitiva forma umana. " " Per Allàh, figlia mia! " esclamò il rigattiere. " Rendigli senz'altro la sua forma umana e vedrai che ti sposerà! " Poi, rivolto verso il cane, gli chiese: " Hai sentito quello che ha detto mia figlia? Sei d'accordo? " E il cane agitò la testa e la coda come per voler dire di sì.
Allora la ragazza, prese un bacile d'acqua e ne asperse alcune gocce sul cane, e stava per pronunciare delle formule magiche quand'ecco che si precipitò nella stanza la giovane schiava della fanciulla gridando: " E' così, padrona, che tieni fede ai patti? Io ti ho insegnato le arti magiche, ma eravamo d'accordo che non avresti mai fatto alcuna operazione di magia senza consultarmi., Ora si dà il caso che anch'io voglia sposare questo Alì Argentovivo. Perciò acconsentirò che egli torni un uomo solo a una condizione, e cioè che sposi anche me e sia in comune fra noi due. " La ragazza acconsentì di buon grado a questo accomodamento, e allora le due fanciulle' aspersero a turno il cane, pronunciarono gli scongiuri e poi dissero: " Riprendi la tua forma umana! " E subito Alì tornò uomo e, se possibile, ancor più bello di quel che fosse prima. Era appena avvenuta la trasformazione, che ecco entrò nella stanza una fanciulla velata con due vassoi coperti: la sconosciuta si inchinò davanti ad Alì e depose i due vassoi ai suoi piedi dicendo: " Per l'amore che ti porto, Alì, io ti offro su questi due vassoi le cose che desideravi e la testa del mago ebreo! " Orbene, la sconosciuta altri non era che Qamar, la figlia dell'ebreo Ezra, la quale, presa perdutamente d'amore per Alì, aveva abbracciato l'islamismo e quindi aveva invitato il padre a fare altrettanto; ma poiché questi si era rifiutato, la figlia gli aveva tagliato la testa. Dopo aver recitato l'atto di fede davanti ad Alì, Qamar disse: " Queste cose io te le do come se fossero la mia dote, perché desidero che tu mi sposi e giaci con me. " Dopo aver udito ciò, Alì rispose: " In questo non vedo alcun inconveniente! Sappi però che dovrai dividermi con queste altre due ragazze, alle quali ho promesso pure il matrimonio, nonché con Zainab, cui voglio regalare le cose che sai. " E poiché Qamax accettò dì dividere Ali con le altre mogli, questi prese i vassoi che la fanciulla gli aveva portato e uscì avviandosi verso la casa di Hasan Shumàn.
Appena ebbe bussato alla porta, Hasan Shumàn e Ahmed ed-Danif gli andarono incontro e lo abbracciarono e baciarono perché erano stati molto in pena per lui, dato che da qualche tempo non avevano più sue notizie. Allora Ali raccontò tutto quello che gli era accaduto e mostrò i due vassoi con gli oggetti della figlia dell'ebreo e con la testa dell'ebreo. Quando ebbero udito ogni cosa, Ahmed ed-Danif esclarnò: " Sei veramente degno dell'educazione che ti abbiamo data! "
E Hasan Shumàn soggiunse " Bisogna assolutamente.che il califfo sia messo al corrente di queste tue imprese!
Rechiamoci immediatamente al Divano. lo, intanto, manderò degli uomini per accompagnare davanti al califfo le tue quattro spose nonché Dalila la Volpe e Zuraiq il friggitore. " Così fu fatto. E quando giunsero in presenza del califfo e furono tutti riuniti nella sala delle udienze, Ahmed, ed-Danif si avanzò verso Harùn ar-Rashìd e, baciata la terra davanti a lui, gli disse: " 0 Emiro dei credenti, questo giovane che tu vedi è Ali Argentovivo il Cairino, allievo ed amico mio e di Hasan Shumàn. Egli è famoso nella sua città, e ora lo sarà anche in questa perché ha compiuto imprese meravigliose. "
Harùn ar-Rashìd guardò Ali e subito gli piacque perché gli vide scritto sul volto il coraggio. Così gli disse: "Vieni avanti!" Ali si alzò e gettò davanti ai piedi del califfo la testa dell'ebreo dicendo: " Possano cadere così le teste di tutti i tuoi nemici! " " Chi era costui? " chiese il califfo. " Ezra l'ebreo, " rispose Alì. " E chi lo ha ucciso? " domandò il califfo. Allora Ali raccontò all'Emiro dei credenti tutto quello che gli era accaduto, dopo l'arrivo a Bagdad, le avventure che aveva vissuto, le furberie che aveva usato e le imprese che aveva compiuto. E mentre ascoltava il califfo non cessava di meravigliarsi. Quando Ali ebbe terminato, Harùn ar-Rashid gli chiese: " Ali, quali sono i tuoi desideri? " " 0 Emiro dei credenti, concedimi di rimanere presso di te, al tuo servizio. " " Hai uomini al tuo seguito? " " Ho quaranta, uomini, " rispose Alì, " che si trovano al Cairo. "
" Ordina loro che vengano immediatamente a raggiungerti. Hai un luogo ove alloggiarli? " " Col tuo permesso, signore, " fece Hasan Shumàn, " gli darò la mia caserma. " " Questo non è necessario, " disse Harùn ar-Rashìd, e diede ordine al suo tesoriere che venisse immediatamente costruita una caserma per gli uomini di Alì. Poi, rivolto a quest'ultimo, gli chiese ancora: " Hai altri desideri ch'io possa soddisfare, o Alì? "., " Sì, o signore, " rispose Alì, " ti prego d'intercedere con Dalila la Volpe perché mi faccia sposare sua figlia Zainab e si prenda come dote gli oggetti della figlia dell' ebreo. " Dalila accettò l'intercessione del califfo, il quale mandò a chiamare il cadì e immediatamente fece stendere in sua presenza i contratti di nozze con Zainab la Furba, con la figlia del rigattiere e la sua schiava e con Qamar, la figlia dell'ebreo. Quando ciò fu fatto, Harùn ar-Rashìd assegnò ad Alì un ricco appannaggio mensile, stipendi per i suoi uomini, vestiti e tavola imbandita. Dopo di che ordinò agli scribi del palazzo di mettere per iscritto le meravigliose avventure di Alì Argentovivo, il Cairino, e di conservarle negli archivi del regno accicché servissero di lezione e di divertimento alle genti musulmane e a tutti i futuri credenti in Allàh e nel Suo Profeta Maometto il migliore degli uomini, che su di Lui siano la benedizione e la pace!
Quella sera stessa Alì consumò le nozze con le quattro fanciulle, le visitò una dopo l'altra trovandole quali perle non forate e cavalcature non cavalcate. E tutta la notte passò così nel montare e nello scendere. E da quel giorno vissero tutti lieti e felici fino a che non giunse Colei che cancella i piaceri e divide gli amici. Ma Allàh che sia glorificato ed esaltato, è più saggio e più perspicace!