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Hans Christian Andersen.

Scrittore danese, famoso per le sue favole solo apparentemente destinate al pubblico dei più piccoli e rivolte, invece, anche agli adulti. La sua produzione è caratterizzata da una scrittura colloquiale e apparentemente ingenua, che vela i sofisticati insegnamenti morali delle sue favole.
Prima di ottenere il successo come romanziere e commediografo, Andersen studiò da attore e da cantante. Molti dei suoi racconti descrivono personaggi che trovano la felicità dopo essere passati attraverso sofferenze e conflitti, come Il Brutto Anatroccolo e La Sirenetta, due tra le opere più famose dello scrittore.

Hans Christian Andersen nacque nei bassifondi di Odense, in Danimarca. Suo padre, Hans Andersen, era un povero calzolaio convinto di avere origini aristocratiche; la madre, Anne Marie Andersdatter, faceva la lavandaia. Per nulla colta e molto superstiziosa, rappresentò per il figlio il contatto col mondo del folklore e del mistero fiabesco. Divenne alcolizzata e morì nel 1883 in una casa di riposo per anziani indigenti. Si dice che la sorellastra di Andersen, Karen Marie, per qualche tempo visse come prostituta. Contattò il fratello solo un paio di volte, prima di morire nel 1846.

Da piccolo Andersen ricevette un'istruzione superficiale. Bimbo piuttosto emotivo, era soggetto ad ogni tipo di paure e, a causa della sua altezza, sproporzionata per l'età, e dei suoi interessi "effeminati" veniva spesso preso in giro dai compagni di scuola. Incoraggiato dai genitori, già da piccolo componeva le sue prime favole per sé stesso ed inscenava spettacoli di marionette. Suo padre amava la letteratura e lo portava spesso a teatro. "Mio padre esaudiva tutti i miei desideri", scrisse Andersen in The True Story of My Life (1846).

"Io ero completamente padrone del suo cuore, egli viveva per me. La Domenica mi fabbricava stereoscopi, teatrini e quadri, mi leggeva dei passi dalle commedie di Holberg e dai Racconti Arabi. É solo in quei momenti che posso dire di averlo visto davvero felice, perché non era mai stato soddisfatto della sua vita di artigiano."

Nel 1816 il padre morì e Andersen fu costretto ad iniziare a lavorare. Fu apprendista presso un sarto tessitore e, in seguito, in una fabbrica di tabacco. Anche stavolta il suo aspetto e i suoi modi furono presi di mira: una volta i suoi colleghi gli calarono i pantaloni perché sospettavano che fosse una ragazza. Quando compì quattordici anni Andersen si trasferì a Copenaghen, per iniziare la carriera di cantante, attore e ballerino – aveva una bellissima voce da soprano. I successivi tre anni furono pieni di difficoltà, ma trovò lo stesso dei sostenitori che gli spianarono la strada, riuscendo a diventare membro del Royal Theater.

Quando, infine, qualcuno lo chiamò casualmente poeta, scatenò in lui un cambiamento di piani: "Mi trapassò l'anima ed il corpo, e gli occhi mi si riempirono di lacrime. Sapevo che, da questo momento, la mia mente si era risvegliata alla scrittura e alla poesia." Cominciò quindi a scrivere commedie, le quali vennero, però, puntualmente rifiutate.

Nel 1822 Jonas Collin, uno dei direttori del Royal Theater ed influente ufficiale del governo, diede una donazione ad Andersen per permettergli l'ingresso alla scuola di letteratura di Slagelse.
Visse nella casa del preside Meisling, il quale era infastidito da questo studente ipersensibile di cui provò a temprare il carattere. In mezzo ad un gruppo di allievi molto più giovani – avevano più o meno tutti undici anni - Andersen, che era di sei anni più vecchio e aveva un aspetto piuttosto curioso (naso molto lungo e occhi ravvicinati) spiccava decisamente, attirando su di sé attenzioni non volute. Grazie ad un corso di lezioni private che Collin organizzò nel 1827 appositamente per lui, fu in seguito ammesso all'università di Copenaghen, presso la quale completò gli studi.

Gli esordi sono incerti, la pubblicazione nel 1827 de “Il bimbo morente” sulla rivista Kjøbenhavnpost, è accolta favorevolmente della critica, in particolare da Johan Ludvig Heiberg, stella di prima grandezza del mondo letterario di allora.

Dopo la pubblicazione di alcune altre singole poesie (nella sua vita arriverà a scriverne ben 1.024), nel 1829 dà alle stampe il racconto “Viaggio a piedi dal canale di Holmen alla punta orientale di Amager”, esito di un viaggio in Danimarca sollecitato dal re stesso, opera acerba, ma accolta con discreto favore sia dal pubblico che dalla critica.

Fantasie e schizzi, una collezione di poesie, vide la luce quando Andersen si innamorò di Riborg Voigt, segretamente fidanzata con il figlio del farmacista locale. "Aveva un adorabile volto, come quello di una bambina, ma i suoi occhi erano vivaci e pensierosi, marroni e vividi" ricorda Andersen in The book of my life. Riborg sposò il figlio del farmacista, Paul, nel 1831, e quest'epilogo si rivelerà per lo scrittore una terribile delusione d'amore, che lo accompagnerà per tutta la vita: una sacca di pelle contenente una lettera della donna fu trovata al collo dello scrittore quando morì. Anche Evard, il figlio di Jonas Collin, ed Henrik Stempe furono, negli anni intorno al 1840, oggetti degli innamoramenti, mai concretizzati, dello scrittore.

"Vorrei davvero essere morto", disse Andersen ad uno dei suoi amici nel 1831, esprimendo non solo i suoi sentimenti riguardo alla storia d'amore non riuscita con Riborg, ma citando anche le parole di Werther dall'omonimo romanzo di Goethe del 1774. Andersen non incontrò mai Goethe, ancora vivo quando fece il suo primo viaggio in Germania, visita che ispirò uno dei suoi numerosi racconti di viaggio.

Dal 1831 in avanti viaggiò molto in Europa, e rimase un appassionato viaggiatore per il resto della vita, traducendo in racconti le impressioni che ogni luogo lasciava su di sé: scrisse racconti sulla Svezia, l'Italia, la Spagna, il Portogallo ed il Medio Oriente. 

Durante i suoi viaggi incontrò, tra gli altri, Victor Hugo, Heinrich Heine, Balzac, e Alexander Dumas; dedicò A poet's day dreams (1853) a Charles Dickens, che aveva incontrato a Londra nel 1847. E a Roma incontrò il giovane scrittore norvegese Björnson.

Il primo lavoro che rese famoso Andersen come romanziere fu L'improvvisatore (1835). Ambientato in Italia, racconta la vicenda autobiografica dell'integrazione di un ragazzo povero nella società del tempo, un tema simile a quello del Brutto Anatroccolo e della scoperta di sé al quale Andersen sarebbe tornato in molti dei suoi lavori. Il libro ottenne un successo internazionale mentre l'autore era ancora in vita e rimase il più diffuso di tutti i suoi lavori. 

La fama di Andersen è dovuta principalmente alle sue Favole e Storie, scritte tra il 1835 ed il 1872. Favole, narrate per bambini apparve in un piccolo libretto a buon mercato nel 1835. In questa e nelle collezioni successive, pubblicate ogni Natale, Andersen aveva iniziato ispirandosi alle storie che aveva sentito da bambino ma traendone racconti originali. Il terzo volume, pubblicato nel 1837, conteneva La Sirenetta e I vestiti nuovi dell'Imperatore. Tra le altre favole più note di Andersen troviamo Il brutto anatroccolo, Piccolo Claus e Grande Claus, La Principessa sul pisello, La Regina delle Nevi, L'usignolo e Il soldatino di latta.

Con i suoi lavori, ispirati alla grande tradizione delle Mille e una Notte da una parte ed ai Racconti del Focolare dei Fratelli Grimm dall'altra, divenne definitivamente noto come il padre della favola moderna.

Andersen esplorò nuove possibilità narrative, sia nello stile che nel contenuto, ed utilizzò idiomi e costruzioni della lingua parlata in un modo nuovo per la letteratura danese a lui contemporanea. In un periodo in cui le favole erano principalmente didattiche, egli introdusse l'ambiguità, diede voce a personaggi che spesso avevano un ruolo marginale, come i bambini e gli emarginati, che nei suoi racconti hanno la funzione di amplificare il pensiero di Andersen sulle questioni morali: “ Ma è nudo!”, disse infine un bambino.

L'identificazione di Andersen con gli emarginati e i meno fortunati rendeva le sue favole particolarmente avvincenti. Alcune delle sue storie rivelavano un'ottica più che ottimista nel trionfo del bene, come La Regina delle Nevi e Il brutto anatroccolo, ed altre mancavano di lieto fine, come La piccola fiammiferaia. 

Con La Sirenetta, una delle opere più note dello scrittore, Andersen esprime il desiderio di una vita normale, che lui non aveva mai avuto la possibilità di vivere. Nella favola la più giovane di sei principesse/sirene desidera ardentemente visitare la terraferma, nonostante fosse vietato agli abitanti degli abissi. Ma la realizzazione del suo desiderio diviene, alla fine, causa di grande dolore: "Sapeva che quella era l'ultima sera in cui avrebbe visto colui per il quale aveva abbandonato il suo popolo, la sua casa, la sua voce straordinaria, ed aveva sofferto quotidianamente un tormento senza fine - e lui non ne aveva idea. Questa era l'ultima notte nella quale avrebbe respirato la sua stessa aria, o ammirato il mare profondo o il cielo stellato. Una notte eterna senza sogni l'attendeva, perchè lei non aveva un'anima e non poteva guadagnarne una." 

Le favole di Andersen furono tradotte in tutta Europa, con ben quattro edizioni pubblicate in Inghilterra solo nel 1846.

L'ultimo amore non corrisposto di Andersen fu la cantante svedese Jenny Lind, che incontrò per la prima volta nel 1840. Jenny era la figlia illegittima di una direttrice scolastica. Secondo le sue parole, all'età di nove anni era una "brutta ragazzina con un gran nasone, timida e impacciata, e del tutto sottosviluppata." All'età di diciotto anni esordì come cantante con una potente voce di soprano. Il brutto anatroccolo divenne, tra le fiabe Andersen, la preferita di Jenny, e L'usignolo è considerato un tributo alla cantante, soprannominata "l'usignolo svedese". "Addio," gli scrisse nel 1844, "Dio benedica e protegga il mio fratello come desidera la sua devota sorella, Jenny". Andersen non si sposò mai.

Tra il 1840 ed il 1857 Andersen intraprese viaggi attraverso l'Europa, l'Asia Minore e l'Africa annotando impressioni ed avventure in numerosi diari di viaggio. Scrisse e riscrisse le sue memorie, La favola della mia vita, ma l'edizione di riferimento è considerata quella del 1855. Durante i suoi viaggi lo scrittore si sentiva più rilassato e poteva prendersi più libertà di quando si trovava a Copenaghen, dove tutti lo conoscevano. 

All'età di sessantadue anni andò a Parigi, dove visitò un bordello. "Poi mi recai improvvisamente in un mercato della carne – una di loro era coperta di cipria, un'altra una popolana, una terza una signora. Io le parlai, pagai dodici franchi e me ne andai, senza avere peccato con le mie azioni, anche se oso dire di averlo fatto con i miei pensieri. Lei mi chiese di tornare, disse che io ero in verità molto innocente per essere un uomo." (da Hans Christian Andersen: The life of a storyteller di Jackie Wullschlager, 2001).

Andersen morì a Rolighed nella sua casa il 4 agosto dell'anno 1857.